Gli annuari gentilizi segnalano la presenza di molte famiglie Buonaccorsi (o Bonaccorsi) in diverse regioni italiane, innanzitutto in Toscana (Firenze e Pistoia) dove sembra che il casato abbia avuto origine, poi in Sicilia Palermo, Milazzo, Messina, Catania), ma anche a Roma, a Venezia e nelle Marche. Sono tre, le città marchigiane in cui i Bonaccorsi si sono profondamente radicati tra il XIII e il XX secolo: Macerata, Potenza Picena (già Monte Santo) e Civitanova. Specialmente nelle prime due, questo illustre casato ha lasciato splendide dimore gentilizie a testimonianza del potere e del prestigio di cui fu a lungo investito. Tenteremo di delineare brevemente la storia di questa famiglia Bonaccorsi, che alcuni vogliono considerare, ma senza prove concrete, una diramazione dei Buonaccorsi di Firenze. Infatti, sembra certa l'esistenza, nel 1307 in Toscana, di un'attiva società di mercanti diretta da un certo Lapo Buonaccorsi. Componenti della famiglia e soci della compagnia erano: Botto e Bonaccorso, fratelli di Lapo, Bonaggiunta, figlio di Botto, Bandino e Torrigiano, figli di Lapo, Vanni (mercante fin dal 1506 allorché venne nominato a Padova procuratore del padre e dello zio di Francesco Petrarca), suo figlio Simone, e infine Niccolò. Originariamente questa compagnia, di media importanza, era dedita ad attività mercantili quasi soltanto sull'asse Firenze-Napoli, ma tra il 1340 ed il 1350 ebbe una notevole espansione. I servizi bancari, indubbiamente, furono gli strumenti principali che permisero ai Buonaccorsi di allargare l'area della propria attività. Furono così presenti, oltre che nelle filiali estere di Avignone e Londra, anche in quelle di Perugia, Macerata, S.Severino Marche, Roma, Napoli, L'Aquila, Benevento, Salerno, Molfetta, Barletta, Brindisi, Venezia, Bologna e forse Milano. Per questo, quando la compagnia fallì nel 1342, i mèmbri dei diversi rami della famiglia Buonaccorsi si trovarono sparsi in tutta Italia e anche all'estero. Parecchi uomini illustri provenivano da questa casata; alcuni forse dal ceppo originario, altri legati soltanto dallo stesso cognome. Nei campo dell'arte, celebre fu Pietro Bonaccorsi, meglio noto come il pittore Pierin (o Perin) del Vaga. Nato a Firenze nel 1500, lavorò a Roma nelle Logge Vaticane e in diversi palazzi e chiese; fu eletto console "dell'Arte dei pittori" a Genova nel 1536 e morì a Roma nel 1547. Ancor più famoso fu, nel campo delle lettere, Filippo di Piero Bonaccorsi che, nato a S.Gimignano nel 1437, si trasferì a Roma e fu tra i discepoli di Pomponio Leto- Fondò con lui l'Accademia romana e prese il nome di Callimaco Esponente; giunto in Polonia nel 1470 e, protetto dall'arcivescovo di Leopoli, ebbe parte attiva nell'educazione dei figli del Re Casimiro IV e sostenne numerose legazioni a Costantinopoli, a Venezia e a Roma. Morto nel 1496, fu sepolto nella chiesa di S. Trinità a Cracovia. Lasciò opere storiche, orazioni, epistole, poesie che ne dimostrano l'alto ingegno e la fine cultura umanistica.
Nella stirpe dei Bonaccorsi che fissarono dimora nella Marca d'Ancona, il Raffaelli vuole includere un Biagio, che fu, insieme al Machiavelli, nella Segreteria dei Dieci della guerra e renne un Diario stampato nel 1568; uno Stefano di Giovanni, ambasciatore della Repubblica fiorentina presso il pontefice nei laghi: un Leonardo, vescovo di Bisceglie e. infine un Giovan Battista, vescovo di Colle". Anche il luogo di origine del ramo marchigiano dei Bonaccorsi risulta incerto. Alcuni la definiscono una famiglia di Monte Santo del sec. XIII che, intorno al '400, si trasferì a Macerata; altri la considerano originaria di Macerata e quindi ne ipotizzano il trasferimento a Potenza Picena. Questa confusione è giustificata dai loro spostamenti, nei vari secoli, in entrambe queste città e dalla presenza in esse di palazzi e ville di loro proprietà. Secondo il Compagnoni, le prime notizie di un Boncambio dì Bonaccorso, residente a Monte Santo, del quale si fa menzione in una bolla di Alessandro IV datata 1258, risalirebbero al 1214, mentre sono da assegnare al 1224 notizie di altri suoi figli: Giovanni e Alberto^. Questa bolla, quindi, sembra accreditare l'ipotesi della prima dimora dei Bonaccorsi sia stata Monte Santo. Al capostipite Bonaccorso e al figlio Boncambio il documento assegna il titolo di "dominus", che a quel tempo veniva dato ai nobili. In un elenco di esentati dal pagamento della tassa comunale detta "fictu" del quartiere di S.Giovanni di Macerata, risalente al 1287, risultano presenti i figli Bonaccorsi. Forse tra questi c'è il figlio di Boncambio residente a Monte Santo. Bonaccorso II, da non confondere però col signore di Monte Milone (ora Pollenza) che fu padre di Bettino, senatore a Roma nel 1379. Da questo Bonaccorso II discesero Filippuccio o Puccio, partigiano dei Visconti e "Signore di Monte Santo" che fu presente nel 1353 alla pace di Sarzana e Antonio (1396) signore di altri castelli della Marca; un terzo figlio, Guglielmo o Giulio, risiedeva a Macerata. L'arrivo nella Marca del cardinale Egidio Albornoz, alla metà del secolo XIV, determinò in parte la fine delle signorie locali e il rafforzamento dell'autorità pontifìcia. In questo stesso periodo i Bonaccorsi, o alcuni di essi, si trasferirono a Macerata dove già risiedeva Guglielmo, che viene più volte menzionato nei libri dei Decreti della Segreteria Priorale e del Consiglio di Credenza: ciò significa che partecipava alla vita politica del comune tanto da essere inviato dalla città nel 1390 ambasciatore presso Andrea Tomacelli, marchese della Marca e nipote di Bonifacio IX: addirittura nel 1398, fu eletto reformator (membro della ristretta cerchia di coloro cui era affidato il delicato incarico di modificare lo statuto della citta), che era una delle cariche più importanti di Macerata. Personaggio molto importante fu il figlio di Guglielmo, Manente, che nel 1422 venne eletto podestà di San Giusto. Per riconoscenza dei benefici da lui ottenuti, il comune gli dedicò una lapide sulla facciata del palazzo municipale. Secondo il Compagnoni, Manente fu il capostipite di un'altra famiglia maceratese, quella dei Costa: per eredità di donne, infatti, i suoi figli assunsero questo cognome. Invece, discendente di Filippuccio fu o Roberto o Berto (vivente nel 1356), al quale successe Bonaccorso III, di cui si hanno testimonianze tra il 1379 e il 1396 che ebbe due figli, Fìlippuccio II (vivente nel 1444.) e Niccolò. Quest'ultimo fu uno dei cinque ambasciatori che, nel 1417, il comune di Macerata inviò al papa Martino V, al conclave di Costanza. Va notato che in simili circostanze si sceglievano generalmente uomini distintisi per meriti personali o per il gran nome della famiglia". L'altissima stima in cui il patriziato maceratese teneva i Bonaccorsi fece si che, nel 1441, a Niccolo venisse conferita la carica di podestà di Macerata. II ramo principale del casato (di cui faceva parte lo stesso Niccolò) risiedeva a Monte Santo, dove disponeva di vasti possedimenti. Il vescovo di Macerata Nicolo dell'Aste, che stava ricostruendo la sua cattedrale, nel 1459 si rivolse a Bonaccorso IV, figlio di Filippuccio, per acquistare legname. Procedendo verso il '400, della famiglia si hanno notizie più chiare, sopratutto per quanto riguarda gli uomini illustri. Ricordiamo allora i nipoti dello stesso Bonaccorso IV, Alessandro e Gianfrancesco o Cecco, i quali vennero inviati come ambasciatori dal comune di Monte Santo dal papa Pio IV che, nell' anno 1562, aveva deciso di dare il paese in feudo a Francesco d'Este. Durante la tempestosa udienza col pontefice, lo stesso Pio IV, che tentava di persuadere gli ambasciatori ad accettare omelia signoria, esclamò: "Andé che è un Signore da bene"; Cecco allora prontamente gli rispose: "È più da bene la Santità Vostra che il Signor Don Francesco". Questa risposta scosse il papa Medici inducendolo a ritornare sulla sua decisione: Monte Santo quindi restò libera e immediatamente soggetta allo Stato papale. Ricordiamo qui che il cugino Alessandro, più volte nominato nei libri dell'Archivio del comune di Monte Santo negli anni compresi tra il 1536 e il 1594, fu tra i fautori della venuta dei Cappuccini nel paese nel 1565. Molto importante fu il figlio di Bonaccorso V (noto come Corsetto, vivente intorno al 1575, Filippo IV, "milite lauretano" dal 1561, partecipò come volontario nella prima guerra di Malta. Dopo aver combattuto in Francia contro gli Ugonotti nella famosa guerra dei tre Enrichi, il 7 ottobre del 1571 fu a Lepanto dove la flotta del papa e dei suoi alleati sconfisse i Turchi; in seguito assoldato dai veneziani, fu nominato capitano di una compagnia di duecento fanti: successivamente venne promosso sergente maggiore. Nel 1577, Ferdinando de' Medici, duca di Firenze, lo promosse capitano della fortezza di Volterra. Da questa passò come sergente maggiore in Ungheria,al servizio dell'imperatore, per combattere i Turchi partecipando all'assedio di Giavarino nel 1594; per il valore dimostrato fu detto "il Macedone della Marca".
Poiché il primogenito Bonaccorso aveva intrapreso la carriera ecclesiastica, l'eredità passò al secondogenito Simone (1624-1708). Quest'ultimo acquistò il feudo di Castel S. Pietro in Sabina, cui era annesso il titolo di come, ottenendone da papa Clemente XI l'investitura per sé e tutti i suoi discendenti maschi . Come molte illustri famiglie anche i Bonaccorsi non mancarono del documento che provava la loro nobiltà: l'arme gentilizia formata da una tigre rampante moscata d'oro con la testa in maestà, in campo azzurro. (Sottolineatura nostra NRD) Nel 1701 Simone aveva iniziato l'ampliamento del palazzo Centini acquistato a Macerata nel quartiere di S. Giuliano, e due anni dopo comprò anche la vicina chiesa di S. Michele, con un orto. Oltre a Simone e a Bonaccorso ricordiamo i loro fratelli: Luigi (1626-95) cameriere d'onore di Clemente X, che appare, tra il 1664 e il l665, nell'elenco dei mèmbri dell'Accademia dei Catenati, massimo istituto culturale maceratese e Prospero (?-1705.) che si diede alla carriera delle armi e dopo aver combattuto in Germania nella guerra dei Trent'anni, nel 1668 fu eletto capitano di una compagnia di fanteria dell'imperatore Leopoldo I. Egli combattè nel Mar Ionio con il re dell'Asia, pose in fuga i Traci e sì impadronì delle loro bandiere; nel 1670 Clemente X lo nominò castellano di Forte Urbano, e quindi governatore delle Armi a Ferrara. Innocenze XI lo nominò governatore e maestro di campo in Romagna. Intanto a Macerata la famiglia Bonaccorsi, forse dal 1696, si era trasferita nella parrocchia di S. Maria della Porta, dove rimase fino ai 1715 quando andò ad abitare nel nuovo palazzo voluto da Raimondo (1667-1743) figlio di Simone 'e di Ansidonia Caterina Parisani. Eletto alla primogenitura dal padre, Raimondo prese possesso di Castel S. Pietro in Sabina il 4 giugno 1708. Tra il 1713 e il 1716 lo troviamo nell'elenco dei rappresentanti dell'Accademia dei Catenati. Fu lo stesso Raimondo che, agli inizi del "700, fece costruire il famoso palazzo gentilizio. Questo grande complesso, edificato su disegno di Giambattista Contini (collaboratore del Borromini e progettista della chiesa di San Filippo a Macerata), è costituito da un'ampia corte con tre statue, che rappresentano Ercole vincitore, dello scultore padovano Giovanni Bonazza, da numerosi saloni con fregi dipinti dai migliori rappresentanti della scuola bolognese del primo Settecento e tappezzati per la maggior parte di damasco rosso. Molto importante tra questi saloni è senz'altro quello "dell'Olimpo" così detto per gli affreschi che ornano il soffitto (opera dei bolognesi Rambaldi e Dardani), meglio conosciuto come salone '"dell'Eneide" per il soggetto delle tele apposte alle pareti. Raimondo, in un articolo di Sergio Coradeschi, viene definito come "il classico gentiluomo degli inizi del '700: artificiosamente cortese ma riservatissimo, attaccato tenacemente alle istituzioni, ma nel contempo ambizioso e con punte di arroganza". Egli morì nel 1743 lasciando la moglie dalla quale aveva avuto ben diciotto figli. Alla carriera militare si dedicò Nicola (1670-1734), per alcuni Niccolò, fratello di Raimondo, che fu al servizio dell'imperatore Leopoldo I nelle guerre in Ungheria contro i Turchi e quindi inquadrato nel reggimento imperiale del duca di Lorena. Nominato capitano, poi sergente maggiore nel reggimento dell'Elettore Palatino, nel 1701 gli fu conferito il titolo di colonnello. Più tardi entrò al servizio della Chiesa; fu maestro di campo e Clemente XI lo nominò governatore delle Armi in Romagna. Più tardi gli venne affidato il governo delle Armi dell'Umbria e come colonnello si trovò a combattere nella guerra di Comacchio. Cessato il conflitto, comandò le truppe destinate alla difesa della Santa Casa di Loreto e della costa adriatica contro i Turchi che avevano effettuato qui degli sbarchi, depredando e saccheggiando; nel 1712 fu chiamato al servizio dell'imperatore d'Austria. Due tra i figli di Simone intrapresero la carriera ecclesiastica: Filippo (1658-?) e Alessandro (1663-1737). Filippo fu abate di S. Quirico e barone di Micigliano; tra i vari documenti e pergamene che lo riguardano (conservati nell'Archivio di Stato di Macerata), troviamo una bolla del 26 febbraio 1671 con la quale il papa Clemente X gli concedeva l'amministra-zione, oltre che del monastero di S. Quirico, anche dei monasteri di S. Giulio e di San Benedetto. Lo stesso papa gli concesse, il 9 ottobre del 1677, il priorato delle chiese di S, Paolo, S. Giro e S. Giovanni a Monte Santo. Dalla precedente amministrazione dei monasteri sopra citati, Filippo, chierico e vescovo di Rieti, ottenne la pensione annua di ventiquattro ducati d'oro. Ad Alessandro venne offerto da Innocenze XI nel 1676, l'ufficio di segretario apostolico prima ricoperto da Francesco, vescovo di Ostia e Velletri. Referendario dell'una e dell'altra Segnatura (cioè relatore delle suppliche al papa sia per grazia sia per controversie giudiziarie), prelato domestico del papa, Alessandro VII gli riconfermò il titolo di chierico di Camera, con una bolla del 1689: per la sua straordinaria umiltà rifiutò generosamente molte cariche onorifiche dello Stato e perfino la stessa porpora cardinalizia per condurre una vita ritirata nel proprio palazzo di Monte Santo. Scrisse di lui il Cenerelli: "Condusse una vita specchiata ed edificante: limitò le sue passeggiate ai PP. Cappuccini, o ai PP. Riformati o talvolta a S.Girio, perché in questi luoghi poteva visitare il SS. Sacramento, prima di ricondursi a casa, dove la sera passava qualche ora in compagnia degli Ecclesiastici, trattenendosi in discorsi o di pietà, o di ecclesiastica scienza". Alla sua morte venne sepolto nella tomba di famiglia situata nella chiesa dei Conventuali di Potenza Picena. A lui si deve la fondazione, insieme a Ludovico Marefoschi, dell'Ospedale Civico, eretto a vantaggio degli infermi, dove ancora oggi troviamo sotto lo stemma gentilizio della famiglia un'epigrafe in suo onore.
Gli altri capitoli della pubblicazione :
Simone Bonaccorsi, un papa mancato
I Bonaccorsi a Roma
L'abolizione del fidecommesso e l'inizio del declino (ci scusiamo per non aver potuto riportare le note e le illustrazioni)
Riferimenti bibliografici ALBUM DI FAMIGLIA Albero genealogico della famiglia Bonaccorsi
La Famiglia Buonaccorsi, fra le più illustri della Nazione, è attualmente presente a Macerata, Potenza Picena, Roma, Osimo e Fermo . Il Conte Flavio Buonaccorsi di Castel San Pietro, di Amerigo, ha sposato Anna Maria Arcangeli ed ha avuto due figli : Domitilla e Lorenzo. Leopoldina Buonaccorsi ha sposato il Conte Carlo Lazzarini, putroppo scomparso recentemente fra lo sconforto di tutti e rappresenta il ramo "senior" della Famiglia ed è una delle figure più rappresentative dell'aristocrazia marchigiana, i suoi Figli, ed i Nipoti, Conti Lazzarini, risiedono a Morrovalle, Civitanova Marche e Potenza Picena. Dal matrimonio del Conte Orlando Buonaccorsi e la Contessa Tecla Baldeschi, di Perugia, sono nate quattro figlie : Maria Ludovica, Maria Simonetta, Maria Emanuela, e Maria Bona. Tutte hanno contratto matrimonio con Nobili.
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