L'Avvocato Marchese Andrea Honorati, Avvocato dello Stato, ha abbellito la storiografia locale con diverse pubblicazioni sulle Famiglie a lui imparentate. Della Famiglia Honorati, una delle più illustri delle Marche, legata da vincoli parentali con i più grandi casati marchigiani ed italiani, ha scritto :
Da questa ampia pubblicazione abbiamo estratto due studi comparsi nell'appendice da pagina 169 a pagina 174. Di pagina 175 è la riproduzione del "Pennone della discendenza" che, crediamo, interesserà gli attenti lettori di questo sito. (APPENDICE)
È uno dei palazzi cinquecenteschi più severi ed imponenti della città, ubicato "a lato del Palazzo del Governatore ed avanti la Piazza di San Floriano, cioè alla confluenza fra l'attuale via Pergolesi e la Piazza del Duomo. È a tutt'oggi inalterato nelle sue originarie strutture. Fu costruito nell'anno 1525 da Vincenzo Amici, figlio di Antonio Amici e consorte di Margherita Baldeschi. Morto Vincenzo, il cui nome è ricordato nella lapide sovrastante il portale d'ingresso unitamente all'anno di costruzione, il palazzo - in assenza di sua prole maschile - passa alia linea del fratello Amico, da cui CamiIIo, da cui Pierfrancesco, da cui Alessandro, da cui Francesco. È appunto Francesco, gonfaloniere di Jesi, ad ampliare il palazzo ed abbellirlo forse con l'ala che prospetta sulla attuale Costa dei Lombardi, come documentato dalla iscrizione del suo nome nei timpani delle finestre del secondo ordine. Francesco Amici ha sposato Margherita Gabrielli di Fano, ma non ne ha avuto figli. Con Francesco si estingue, pertanto, la famiglia Amici, tra le prime e più antiche di Jesi (Francesco, infatti, non ha fratelli maschi ma soltanto una sorella, Vittoria, sposata al conte Ugo Ferretti di Ancona). Nel suo testamento 27.8.1626 a rogito Marc'Antonio Pianetti Francesco lascia "... la casa dove habita nello, contrada della Piazzala -vicino alle vie pubbliche..." ai Padri Gesuiti, legandone però l'usufrutto vita naturai durante alla vedova Margherita. Morto Francesco il 17 aprile dell'anno 1629, Margherita Gabrielli sposa Fanno successivo il marchese Francesco Fiaschi di Ferrara e - non avendo più alcun interesse a mantenere proprietà a Jesi - con rogito Gambiucci di Fano nell'anno 1633 cede ad Adriano Honorati e fratelli, che acquistano, le proprie ragioni dotali ed il proprio usufrutto sul patrimonio Amici. Di questo, per l'appunto, fa parte il Palazzo Amici, di proprietà - come s'è visto - dei Gesuiti. In tal modo Adriano acquista - in comunione con i fratelli - il diritto di godere del palazzo senza esserne ancora proprietario. Anche se ne sono usufruttuari in comunione tutti i fratelli Honorati (in luogo di Bernardino defunto, i suoi figli e la vedova Ludovica), soltanto Adriano però vi si insedia. È nel palazzo Amici che si celebra il matrimonio di Ottavia (orfana di Bernardino) con Girolamo Palazzi di Fano, così ufficializzandosi nei confronti dell'establishment il traguardo sociale che la prestigiosa dimora certamente costituisce. Dal 1633 sino ad oggi il palazzo è stato continuativamente la residenza della linea di Adriano (ad eccezione degli anni dal 1644 al 1649, quando Adriano si trasferisce a Macerata per assumere la Tesoreria della Provincia della Marca). Nel Palazzo Amici nasceranno e moriranno gli appartenenti alla linea. Deceduto Adriano, la vedova Vittoria Baldassini con i figli del proprio letto e dei precedenti - dopo la triste esperienza maceratese - se ne ritorna a Jesi nel palazzo Amici, ove risulta dimorare nel 1653 "... nella casa posta sotto il palazzo di Mons. Governatore appresso li suoi lati..." (rogito Sante Malatesta 2.9.1653). Pur nella crisi finanziaria conseguente alla deficitaria gestione della Tesoreria, Vittoria continua ad abitare nel palazzo, poiché di questo Adriano era usufruttuario soltanto per un quinto. Il diritto, pertanto, anche se confiscato prò quota dalla Reverenda Camera Apostolica continua integro nei fratelli del defunto. Nel Palazzo Amici continua ad abitare, assieme al fratello Antonio, Onorato futuro primo marchese dopo la morte della madre Vittoria Baldassini seguita nel 1653. Nel Palazzo Amici Onorato conduce la prima moglie Camilla Mannelli, e lì nascono i suoi figli. Acquisita nel frattempo una solida posizione economica grazie alla cospicua donazione fattagli dallo zio in occasione del matrimonio, Onorato acquista nel 1671 con rogito Ippolito Bianchi notaio capitolino la nuda proprietà del palazzo, riscattandola dai Padri Gesuiti. Successivamente con la transazione del 1684 riesce ad ottenere dai cugini la rinunzia ad ogni diritto che potesse loro competere sulla casa. Onorato è finalmente proprietario unico ed esclusivo dell'imponente complesso immobiliare Amici ora costituito "... dal Palazzo, ovvero Casa dentro la città di Jesi in contrada la Piazzala come si dice vicino al Palazzo Apostolico di Mons. Governatore presso le strade da ogni lato, di una stalla dietro il palazzo ovvero casa presso li beni degli keredi del Colonnello Maialino Bisaccioni, delSig. Fabio Galvani et altri lati e di una Casa con botteghe avanti detto palazzo presso i beni degli heredi del Sign. Angelo Ghislieri...", (rogito Giacomo Marchesini 23.1.1684". Alla morte di Onorato, il palazzo resta indiviso - in difetto di testamento - fra i figli del primo e quelli del secondo letto. Con atto di divisione 6.12.1700 per rogito Pietro Luigi Speranzini il patrimonio viene ripartito fra gli eredi: ai figli del secondo letto, cioè Bonifazio e fratelli, tocca il palazzo con le pertinenze di cui sopra, Entrati in religione o deceduti alcuni degli altri fratelli, nel 1722 il palazzo appartiene per 1/3 a Bonifazio, per 1/3 a Piermatteo e per 1/3 a Ignazio. Deceduti Piermatteo e Ignazio, Bonifazio concentra nelle sue mani l'intera proprietà del complesso. Morto Bonifazio il palazzo passa al figlio di lui Onorato, che ne è erede universale: da questi al figlio Ignazio, che pure ne è erede universale ad esclusione dei fratelli. Da Ignazio, sempre in via testamentaria, a Luigi. Da Luigi all'unico figlio Tito, che con testamento a rogito notaio Luigi Olmi 11.7.1933 lo fraziona in due porzioni, lasciandone una al primogenito Francesco e l'altra a Giambattista. I nipoti di Francesco ed il figlio di Giambattista tuttora posseggono ed abitano il palazzo, che da 350 anni appartiene alla famiglia.
Si è già visto che la casa avita di Jesi, quella cioè dove abitava Lorenzo medico fìsico del Comune, era situata nel quartiere di Porta Nova. Si è già detto che, contigua a quella, nel 1637 gli eredi di Lorenzo acquistano altra abitazione. La prima, cioè la domus paterna, nella divisione Giovanni Paolo Silvani del 1649 tocca in sorte a Mons. Vescovo Onorato.
"... case di Jesi vecchie che era di nostro padre bo.me......"
La seconda, invece, tocca ai figli di Bernardino premorto ai fratelli condividenti, cioè "... le case di Jesi comprate dagli Sforza…" Ora Giuseppe Honorati, figlio di Bernardino, abita nella contrada Posterma come risulta dal rogito Bartolomeo Bartoloni 6.9.1659: "... actum nella città di Jesi in casa di d. Giuseppe posta dentro la detta Città di Jesi alla quartiera della Posterma presso li suoi lati...". Abita cioè nella casa comprata dagli Sforza. Giuseppe dapprima e suo figlio Bernardino poi debbono entrambi avere ampliato la proprietà, aggregandovi altre vecchie fabbriche. In particolare Bernardino acquista nel 1703 dal marchese Silvestri, con rogito Speranzini 14.7. di detto anno: "... unam domum dicti Marchionis Raimundi.. ante hanc ecclesiam cathedralem prope domus ab uno latere III. mi D. D. de Honoratis...", cioè - come dichiarato dallo stesso Bernardino nel suo testamento 5.10.1716: "La casa da me comprata ultimamente dal Sig. Marchese Silvestri, che è quella posta dentro questa città di Jesi dietro la Chiesa Cattedrale, confinante da un lato con li beni del Sig. Piersimone Nobili, dall'altro con li beni del Sig. Avvocato Gio. Lodovico Guglielmi davanti e di dietro le strade pubbliche, la quale comunica con la casa da noi fratelli habitata mediante un ponte di comunicazione...". Acquistato il confinante palazzo Silvestri, Bernardino dapprima e Giuseppe suo figlio in seguito ristrutturano il complesso ricavandovi con interventi successivi - il superbo palazzo gentilizio, immutato ad oggi nelle sue linee architettoniche settecentesche. Il palazzo, con la sua corte interna ed i corpi annessi, è sontuoso ed occupa - in lunghezza - buona parte della Via Posterma. Ancor più imponenti sono le raccolte d'arte che esso contiene, indicate in una supplica di Bernardino e Pietro Honorati (pendendo ancora la controversia promossa da Gaudenzio loro genitore contro il fratello di lui Giuseppe Erasmo, entrambi già defunti, in ordine alla divisione della primogenitura) in mobilio di ingentissimo valore: "... scuderia, più carrozze, molti orologi di ogni sorte, ori lavorati, accrescimenti alle gioie ed argenti primogeniali, una collezione di bei quadri, più servizi primogeniali di porcellane, una infinità di biancheria ed altre masserie..". All'esterno del palazzo era una lapide attestante che esso proveniva dall'avo di Antonio Honorati, che venne ampliato da Giuseppe (nella prima metà del Settecento) e che successivamente esso Antonio Maria:
"A SOLO NOVA FORMA RESTITUIT OMNIQUE CULTO EXOR- NAVIT anno aere vulgaris MDCCLXXX..." (Atti del processo Honorati, Baluffi stampatore, Ancona 1812)
Come certificato dai periti "... il palazzo di abitazione della città di Jesi... è un aggregato di molte antiche fabbriche per la massima parte primogeniali e per qualche parte libero e per qualche altra porzione fedecommissario...". Transatta la controversia fra gli eredi di Gaudenzio (Bernardino e Pietro suoi figli) e l'erede universale di Giuseppe Erasmo (Maria Carolina in Trionfi), a quest'ultima rimane convenzionalmente assegnata la casa gentilizia. Con rogito Antonio Bartoloni 26.4.1870 Antonio Honorati, figlio di Luigi Trionfi e Maria Carolina Honorati, cede il palazzo e quanto in esso contenuto al nobile Ferdinando Carotti (figlio di Giovanni già aggregato al patriziato di Sassoferrato in data 1838) prossimo conte per decreti 15.6.1882 e 11.5.1884 di Umberto I Rè d'Italia. Deceduto il conte Ferdinando Carotti (testamento olografo 2.3.1903 pubblicato in atti Battesini Ermete di Ostra in data 4 aprile successivo), la proprietà del palazzo passa al figlio dì lui, conte Francesco Carotti. Alla morte del conte Francesco Carotti (testamento olografo in atti notaio Lamberto Sforza di Jesi pubblicato in data 17.2.1928), degli arredi del palazzo viene redatto l'inventario. Ebbene soltanto i cinque arazzi monumentali (m. 3,85x3,24 ciascuno oltre a m. 0.50 di bordatura) tessuti dal famoso arazzista fiammingo Francois Van der Hecke di Anversa agli inizi del secolo XVIII, che adornavano per l'appunto le pareti del c.d. salone degli arazzi, vengono stimati ben Lire 550.000 come prezzo minimo. Non solo: nella biblioteca (che il notaio attesta "istituita nel 1774 dal Marchese Antonio al cui tempo appartiene il catalogo, grosso volume manoscritto rilegato in piena pergamena") era ancora conservato presumibilmente integro l'archivio di Casa Honorati (contrassegnato scaffale K fascicoli concernenti la famiglia Honorati), nel quale furono singolarmente inventariate lettere autografe dei seguenti pontefici e sovrani: Pio VI, Luigi XVI di Francia, Maria Antonietta, Giuseppe II imperatore d'Austria, Maria Antonietta di Savoia, Don Pedro Rè del Portogallo, Donna Maria Anna Vittoria Regina del Portogallo, Maria Teresa d'Austria, Filippo Carlo Giuseppe Elettore di Sassonia, Carlo Rè di Spagna, Stanislo Augusto Rè di Polonia, Clemente XIII, Luigi Mocenigo Doge della Serenissima Repubblica di Venezia. Gli eredi del conte Francesco Carotti con rogito Lamberto Sforza 17.7.1930 alieneranno il palazzo al Comune di Jesi, che tuttora ne è proprietario. Attualmente vi hanno sede la Pretura ed altri Uffici pubblici.
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