L'Avvocato Marchese Andrea Honorati, Avvocato dello Stato, ha abbellito la storiografia locale con diverse pubblicazioni sulle Famiglie a lui imparentate. Della Famiglia Honorati, una delle più illustri delle Marche, legata da vincoli parentali con i più grandi casati marchigiani ed italiani, ha scritto :
Da cui, da pag. 141 a pag. 157, abbiamo tratto questo interessante studio su
Bartolomeo Agostino Trionfi (1656-1728) e sua moglie, la perugina Felice Colomba Righetti, abitavano ad Ancona in una casa di loro proprietà "... sita nella strada dei forni sino alii padri Cappuccini..." (1), appartenente alla circoscrizione della parrocchia di San Pietro in San Francesco alle Scale. Qui nacque il 31.3.1706, terzo dei loro figli. Francesco Trionfi che per meglio dirigere la casa mercantile già con successo avviata ben presto ai trasferì nel palazzo Cresci Antiqui in Santa Maria della Piazza od in altra casa con questa confinante, avendo per l'appunto ivi acquistato con rogito Angelo Bonvini 4.10.1728 (2) dall'arciprete Giacomo Cresci "... un appartamento di sopra del palazzo posto in questa Santa Maria della Piazza appresso li beni del Sig. Co. Vincenzo Cresci e Chiesa di San Rocco...": qui mori il 31.3.1737 Felice Colomba Righetti, madre di Francesco Trionfi, la cui sorella nubile Lucrezia restò invece nella casa paterna ai Forni, ove morì il 19.1.1775. Retrocesso F appartamento alT arciprete Cresci, che aveva esercitato lojus redemplionis con il rogito Francesco Saverio Betti 5.4.1740 (3). Il 16 successivo Francesco acquistò all'asta ed al prezzo di 1839 scudi dalla amministrazione della fallita casa mercantile di Giovanni Antonio e Leiio Andrea Vincenti (4) la metà del palazzo già di proprietà di costoro, aito nella piazza di San Nicola. L'aggiudicazione fu rogata dal notaio Angelo Marinelli (5), il quale così descrisse l'immobile acquistato, che Francesco immediatamente abitò, ed i suoi confini: "appartamentum superius Domus Vincenti cum horreo plano ingressus quod habet fenestram cum ferramentis aids corrispondentem in Platea Divi Nicolai, grotta et dimidio cellevinariae magnae positum in hac civitate Anconae in parochia Divi Nicola penes bona ab uno latere Ill.mi D, Antoni Jacobi Bonandrini ab altero Ill.mi D. Co. Octavio Ferretti, retro maris et ante Via Publica et platea dicti Divi Nicolai...". Il 2.9.1741 Francesco Trionfi acquistò con atto stipulato avanti il notaio Francesco Saverio Bettì (6) "... da don Francesco e Don Giovan- ni sacerdoti q.dam Giacinto Paci un loro appartamento di casa, cioè l'appartamento superiore ingresso comune ed altro in esso appartamento esistente di una casa posta in questa città di Ancona in Parrocchia di San Nicola appo li beni da due lati del Sig. Francesco Trionfi, di sotto con li beni del Conte Ottavio Ferretti e della Sig. Co. Cleofa Ferretti, da altri Iati la Via pubblica..". E evidente a questo punto il disegno di Francesco, volto ad acquisire la proprietà di un ampio isolato che gli consentisse, mediante ristrut- turazione e sopraelevazione dei corpi di fabbrica preesistenti, la realizzazione di un imponente palazzo. Gli necessitavano a tal fìne, da ultimo, due case ormai fatiscenti ed appartenenti a Maria Baruzi vedova del conte Pietro Ferretti ed a suo figlio Cristoforo l'una ed a Ottavio, figlio del conte Giuseppe Ferretti, l'altra. La prima,che Francesco acquistò con rogito Francesco Saverio Betti 24.10.1742 (7) per il prezzo di scudi 700, consisteva in "... un appartamento di casa con un magazzino laterale posto in questa città di Ancona in Parrocchia San Nicola appresso li beni presentemente di sopra delTIll.mo Sig. Francesco Trionfi, da un altro lalo verso la Piazza dell'Ili.mo Sig. Canonico Vincenti e Co. Cesare Toriglioni ... intieramente dell'Ili, mo Sig. Conte Ottavio Ferretti, da un altro Iato il spanditore dei pubblici macelli... consistente detto appartamento in cinque stanze ed un piccolo stanziolo a letto e Ire cantine...". La seconda, il cui acquisto Francesco stipulò il 26 novembre del medesimo anno 1742 ancora avanti il notaio Francesco Saverio Betti (8), era una casa, confinante con la prima, di "... cinque stanze con un sotterraneo e due botteghini contigui ed un piccolo ingresso comune a tré padroni, cioè Sig. Trionfi, Sig. Co. Pietro Ferretti e del sopradetto Sig. Co. Ottavio Ferretti... posta in questa città di Ancona in Parrocchia di San Nicola appresso li beni dei Sigg.ri Conti fratelli Ferretti, dellTU.mo Sig. Canonico Vincenti, Co. Cesare Troglioni e mi.ma Comunità di Ancona", (cioè le mura cittadine a mare). In entrambi i casi espressamente si consentì "... che sia lecito al d. Sig- Francesco Trionfi e suoi non solamente detta porzione di appar- tamento e fondi come sopra descritti e laterali farvi qualunque riattamento e bonificamento necessario, utile o voluttuoso ma etiandio rimuovere dal presente sistema le dette porzioni di appartamento e fondi e ridurle in qualunque altro stato che ad esso parerà e piacerà come utile e comodo...". Acquisita in tal modo Finterà proprietà confinante con la piazza San Nicola e via della Loggia sul prospetto, con la via Sottomare e mura cittadine sul retro, con il palazzetto Bonandrini sulla mano destra pro- spettando la Piazza e con il palazzo Reppi (poi Benincasa) sulla mano sinistra, Francesco iniziò la soprae lev azione, raccordando fra loro le singole fabbriche cosi ricavandone un palazzo gentilizio fra i più belli della città, secondo, forse, soltanto al palazzo Ferretti al Guasco. E dunque infondata l'opinione tuttora corrente fra gli storici locali che il palazzo fosse di proprietà dei Ferretti, dai quali Francesco Trionfi lo avrebbe poi acquistato e quindi ristrutturato od almeno restaurato (9). Della vendita di un palazzo prospiciente la piazza San Nicola dai Ferretti ai Trionfi non v'è traccia nei rogiti notarili relativi alla prima metà del secolo XVIII, ne è mai constatato che i Ferretti possedessero un palazzo così imponente anche nella piazza di San Nicola, mentre invece è risultato che qui il padre di Francesco. Bartolomeo Trionfi. possedeva alcune casupole ereditate da Pietro suo padre (10). Come è chiaramente documentato dalla sequenza degli atti notarili già illustrati, il palazzo fu invece certamente realizzato accorpando e ristrutturando vari preesistenti corpi di fabbrica, alcuni dei quali ricompresi nella eredità paterna di Francesco. Verso il confine Bonandrini i lavori erano comunque già principiati sin dal giugno dell'anno 1742, attestando il giorno 27 di quel mese il notaio Angelo Mannelli (11) come "... PIll.mo Sig. Fran.co Trionfi Patrizio Anconitano, il quale volendo alzare e tirare al piano li mezzanini già principiati nella facciata della sua casa dalla parte della Piazza di San Nicola deve alzare il muro laterale, comune e divisorio fra la detta sua casa e quella dell'Ili.mo Sig. Antonio Giacomo Bonandrini parim.ti patrizio arie.no..." assunse una serie di obbligazione con i vicini. Sempre il notaio Angelo Marinelli attesta nel successivo rogito 17.9.1742 che Francesco "... non solo a principiato a fare Talzamento sopra detto, ma l'ha fatto d'avanti, di dietro e ne lati di detto appartamento superiore...", promettendo ai condomini Vincenti e Torriglioni, "... che occasionando in qualsiv.a tempo qualunque danno all'appartamento inferiore delti SS.ri Can.co Vincenti e Co. Torogoni l'alzamento fatto e da farsi nel suo appartam.to superiore per formare li mezzanini tanto dalla parte della Piazza quanto dalla parte del mare da ambi i lati e da qualsiv.a altra parte che il detto Sig.reFranco Trionfi ha alzalo e alzarà, riparare e rifare a tutte e singole le sue spese danni ed interessi il detto danno..." (12). Nel marzo del successivo anno 1743 i lavori erano ancora in corso ed interessavano questa volta la parte opposta, a confine con il palazzo Reppi, cioè le case ex Ferretti; dichiara infatti il notaio Francesco Saverio Betti nel rogito 20 marzo del detto anno che "... L'Ill.mo Sig.re Francesco Trionfi volendo rifondare il muro di facciata nella casa oggi del medesimo... già dell'Ill.mi Sig.ri Conti Ottavio Ferretti, Contessa Maria e Conte Cristoforo Feretti, rispettivamente, e veduto necessario al bisogno della elevazione fattavi superiormente in essa casa..." ebbe a compensare con la somma di scudi dieci l'occupazione "con il muro a due teste" di parte della cantina di proprietà Cannoli (13). Presumibilmente verso la fine del 1743 i lavori furono condotti a termine: il grande quadro dipinto da Francesco Paolo De Giardinis "Pianta et elevatione della città di Ancona fatta Fanno 1743", conservato nella Civica Pinacoteca, individua infatti nel cartiglio recante "Descritione dell'abitazioni de SS.i nobili" al n, 132 Pampia mole del palazzo del "Sig. Francesco Trionfi" confinante alla destra guardando la piazza con la casa Bonandrini (n. 131) ed alla sinistra con la casa Reppi (n. 133), poi incorporata nell'ampliamento e sopraelevazione primo ottocentesca del palazzo Benincasa. L'esatta collocazione temporale della costruzione del palazzo negli anni 1742 e 1743 consente di attribuire con sufficiente margine di attendibilità la paternità della sua progettazione, E da escludere, come alcuni ritengono (così F. Ghedini, op. cit. pag. 9), che il progetto fosse dell'architetto Scipione Daretti (1756-1792) o di suo padre Lorenzo Daretti, anch'egli architetto, (1724 -1809), neppure all'epoca nato il primo ed ancora troppo giovane il secondo (14). Inattendibile, per lo stesso motivo, l'attribuzione a Francesco Maria Ciaraffoni (1720-1802), resta confermata in via di esclusione come più probabile l'ipotesi da altri avanzata (15) che a progettare e dirigerei lavori fosse il canonico Giovanni Battista Urbini (1691-1761). Non va infatti dimenticato che nel medesimo anno 1742 questi progettò la nuova chiesa di San Biagio (16) poco distante dal palazzo Trionfi, lungo la via del Calamo, alla cui costruzione Francesco munificamente contribuì con cospicue elargizioni e che probabilmente fu ancora l'Urbini, forse questa volta coadiuvato dal Ciaraffoni. a dirigere i primi restauri della Rocca Priora e della annessa chiesuola, non appena infeudata a Francesco, indice di una ormai consolidata dimestichezza fra architetto e committente. Ultimati i lavori il palazzo si innalzò dunque maestoso con la elegante facciata principale di cinque piani, ivi compreso il fondaco ed il sottotetto, che prospettava la piazza San Nicola e con la facciata posteriore di ben sette piani (dato il dislivello verso la banchina portuale), che prospettava la via Sottomare (17). La lunga facciata delTedifìcio, prospettante sulle vie San Nicola e Loggia e concepita secondo lo schema dei palazzi principeschi del Settecento, presentava agli angoli un alto basamento a bugnato raccordato da un elegante fregio orizzontale, sopra il quale si innalzavano lesene di ordine gigante che si aprivano in pulvini terminali a sostegno del forte ma leggero cornicione. Nelle specchiature di fondo delle lesene erano inseriti due ordini di finestre con timpani curviformi e volutati quello del piano nobile e rettangolari quello del piano superiore, posti in risalto il primo dalle corrispondenti aperture del sottostante ammezzato ed il secondo da altrettante aperture del superiore mansardato. In posizione simmetrica ma decentrata insistevano due portali di ordine gigante ad arco assai rilevato, congiungentesi con il fregio di raccordo, quello di sinistra che incorniciava il massiccio portone di ingresso all'edifìcio e cieco quello di destra. La facciata infine (e ciò ne costituiva motivo di singolare originalità) era cadenzata da una serie di leggeri portoncini curvi, ciascuno in corrispondenza dell'asse verticale di ogni finestra, dai quali si accedeva agli ampi locali terranei adibiti a fondaco della florida casa mercantile di proprietà del prossimo marchese Trionfi. La decorazione pittorica degli interni fu invece commissionata a Domenico Simonetti detto il Magatta (1685 - 1754), che adorno alcune delle sale con pannelli ed affreschi di soggetto biblico e religioso (18). La paternità degli affreschi e dei dipinti è certa, poiché nell'inventario redatto alla morte di Francesco Trionfi il notaio rogante Giovanni Giuseppe Ricci identificò nel Simonetti il loro autore (19) ed accuratamente ti descrisse. La volta dello scalone di ingresso era dunque ornala da un grande affresco "... rappresentante la scala di Giacobbe..."; nell'anticamera dell'appartamento nobile vi era ".... un quadro in tela con picciola cornice dorata alto tré braccia incirca largo quattro, rappresentante l'arbore della famiglia Trionfi..."; il soffitto del primo salone "... ad uso cameroncino..." era decorato da "... tredici specchi di pittura a muro rappresentante nel mezzo Mosé che riceve la legge e all'interno dieci sibille e due profeti..."; la volta del "camerone" cioè del salone d'onore da "... undici specchi con loro pitture di tela con cornicene dorate rappresentanti nel mezzo la caduta di San Paolo e nell'altro diverse virtù..."; nella cappella sovrastava l'altare una "Madonna con bambino. San Francesco d'Assisi e Francesco di Paola..." ed adornava il soffitto un "Gloria" mentre quattro ritratti, rispettivamente "San Bonizio Trionfi, Reato Agostino Trionfi. San Giovanni Nepomuceno e San Vincenzo Ferreri" ne abbellivano le pareli. Altri affreschi, infine, decoravano elitre sale anche ai piani superiori. Infine si e scritto di alcune sculture attribuite a Gioacchino Varie (1731-1806) poste nell'atrio e nello scalone (20). Il protocollo Trionfi non le inventariò: non è quindi certo se quelle statue facessero bella mostra di sé fin dalla costruzione del palazzo ovvero fossero state realizzate e poste in silo successivamente alla morte del marchese Francesco. Nel primo caso, però, la loro paternità non potrebbe mai essere attribuita al Varie, perché ancora fanciullo quest'ultimo negli anni 1742 - 1743 di datazione dell'edifìcio. Quanto agli interni giova, a questo punto, trascrivere alcuni passi della monografìa di F. Ghcdini !l palazzo Trìonfì Ancona 1952, per ricavarne ulteriore conferma della loro fastosità ed eleganza. "Dal portale si adiva all'atrio ed allo scalone, con colonnati di bellissimo slancio e coperti di soffitti a volta. L'atrio e lo scalone erano decorati nei capitelli e nelle volte da stucchi e piccole gole riquadranti la superfìcie a porzioni geometriche ed assecondanti il moto dei soffitti e delle pareti..- La parte più sontuosa e ricca di addobbi e di pitture la si riscontra nel piano nobile. I pavimenti erano slesi in quella maniera largamente mosaicate che fu detta "alla veneziana", e tutti di marmi pregiati dai colori delicati ed in perfetto accordo con le tinte delle pareti dai bianchi cremoso o di avorio bruciato. Le grandi e piccole sale disposte attorno ad un largo corridoio, che girava secondo la pianta ad U del fabbricato a modo di galleria, erano state tutte, senza omissione alcuna, decorate da stucchi, da pannelli e da lesene leggerissime. Spesso, come nei grande salone di rappresentanza, erano profilale da profilate in foglia d'oro fino, secondo l'uso pervenuto dalla Francia e dalla Germania. Anzi a questo riguardo si può dire che la terza sala prospiciente sulla piazza, lato ovest del piano nobile, presentasse nel gusto e nel modo delle decorazioni (opere tutte di artisti veneti) quel rococò castigato e leggero che erano venuti inventando gli italiani chiamati a Dresda e più tardi a Berlino da Federico di Prussia. La coincidenza forse è dovuta ai contatti che la scuola ottocentesca veneta - come anche nei secoli precedenti - ebbe con l'arte e il gusto nordici- Dei soffitti i più belli e di maggior valore erano quelli delle tré grandi sale del piano nobile e della Cappella, che recavano dipinti su tela. incastonati nelle volte e nelle vele. e tutti ad opera di Domenico Simonetti, largamente noto sotto l'appellativo di Magatta. Quei dipinti costituivano un bellissimo esempio di pittura settecentesca, confluendovi le esperienze spaziali della scuola romana con il gusto della luce diffusa della scuola veneziana. La sala maggiore accoglieva tredici tele di soggetto biblico o allegorie sacre; il quadro al centro, rappresentante Mosè ispirato da Geova che detta le leggi al suo popolo, aveva la composizione larga ed aerea di Giulio Romano e tuttavia nella castigatezza delle pose e nella pacatezza delle prospettive si avvertiva la imminenza della pittura del Davide di Ingres. Circondavano il grande quadro centrale altri nove minori, raffiguranti Sibille e profeti tutti di pregevolissima fattura e con un più forte accento raffaellesco. Il soffitto dell'altra grande sala recava ai centro un dipinto ovale di soggetto biblico ed intorno altri nove con personaggi tolti dall'antico e nuovo testamento. La Cappella infine costituiva il maggior valore artistico del palazzo. Di forma rettangolare e di dimensioni notevoli, aveva pavimento in marmo scuro alla veneziana. L'altare era in marmo dalle inflessioni dorate cupe (forse un giallo veronese? comunque una qualità di marmo rara) ed al suo centro recava una incrostazione di marmo più chiaro con cimasa in oro. Lesene a leggere modanature con capitelli terminali a lieve aggetto scandivano le pareti. Sopra l'altare un grande quadro del Magatta con "Madonna con il Bimbo e Santi" ricordava L'impatto del Tiziano dei Frari, così mosso di luce ed ombre a grandi effetti prospettivi ed aerei. Alle pareti, poi, negli spazi tra le lesene erano grandi medaglioni di Santi e di Evangelisti. Al centro del soffitto un grande ovale rappresentava lo Spirito Santo in figura di colomba e attorno, in una schiarita di nuvole. Angeli e Cherubini a corona, taluni con ìe ali ad inflessioni fortemente rosate secondo il gusto dei veneti da Giambellino in poi. Da notare in questo dipinto il mondo delle luci rese per rapidi tocchi in una maniera pressoché impressionistica, II soffitto e le pareti erano decorati da motivi di ghirlande o da riquadrature in stucco dorato di gusto squisito. Il servizio di altare era poi costituito da pregevoli candelabri e da una Pisside in foglia d'oro fino. Completavano l'arredamento due bellissi- mi inginocchiatoi biancolaccati di finissimo gusto neoclassico. Alcune sale restaurate in tempo recente dall'architetto De Carolis ri-serbarono una sorpresa quando sotto i soffitti settecenteschi mostrarono stupendi cassettoni cinquecenteschi. Alcuni di essi in sale di minor rilievo furono portati alla luce e si mostrarono opera di valentissima artigianeria- II ripristino fu completato con la rafforzatura delle antiche tinte e dorature. Tutte le sale e corridoi e passaggi, sia del piano nobile che degli altri piani, avevano adito reciproco per mezzo di porte di grande bellezza. Stipiti ed architravi erano in marmo giallo dorato a venature cupe. le porte laccate in bianco avorio con bellissime dorature e disegni in oro. Le maniglie in bronzo dorato raffiguravano testine alate di fattura delicata e minuta ed ottenuta probabilmente da calchi preparati su disegni dello stesso Magatta. Ogni piano si ebbe la sua cura e la sua decorazione; cosicché anche il sottotetto ed il mezzanino non vennero meno ad un alto gusto e senso di decoro...". Resta dunque accertato che la maggiore impronta degli interni era costituita dalle eleganti rifiniture in oro zecchino e bianco laccato dell'appartamento nobile. Ve ne è un'ulteriore conferma sempre nel protocollo Trionfi, nel quale fu così annotato: "... tutti i zoccoli del descritto appartamento sonodi legno di abete scorniciato e a oro e bianco .... tutte le porte sono similmente oro e bianco con sue maniglie grandi e scudetti di metallo dorato e rispettive chiavi e serrature... tutte le finestre sono con otto lastre di cristallo con i suoi cordoncini di metallo nel mezzo, e nell'unione fra l'uno e P altro e i suoi scuretti sono di legno inverniciato bianco e dorato a Fiori a mordente...". Ciò colpì l'attenzione di quanti nel palazzo erano ammessi: ne fu buon testimone Michel Ange Bernard Mangourit, console della Repubblica Francese ad Ancona e commissario napoleonico, che alloggiò a palazzo per circa due anni (1798-1800) ospite forzoso del marchese Bonizio Trionfi, il quale scrisse che da ammirare ad Ancona erano il palazzo del Governo, quello Mancinforte. quello dei Ferretti al Guasco e "... la maison Trionfi, que j'habitois..." anche se con poca cortesia e nessun fondamento ne limitava il pregio "...a sa vue sur le port et ses dorures massive..." (21). Quanto agli arredi, infine, sempre il protocollo Trionfi elenca dettagliatamente la dovizia di mobili, quadri, tappezzerie, argenti e suppellettili che adornavano il palazzo, incluso nella primogenitura che Francesco aveva istituito sin dal 1768 in favore del figlio Luigi (1749 - 1793). Morto Luigi, nella proprietà dell'immobile successe il fratello Bonixiu (1757 - 1835) che lo lasciò a sua volta in comunione ai figli Francesco (1802 - 1847) ed Agostino (1814 - 1861). Deceduto Agostino (Francesco, suo fratello, era da tempo defunto celibe), il palazzo passò ai figli Sigismondo (1843 - 1905), Gualtiero (1845 - 1911). Riccardo (1850 - 1910) e Guidobaldo (1852 - 1937), che il 19.08.1895 procedettero con il rogito Giuseppe Zucconi (22) alla sua divisione mediante estrazione a sorte dei quattro lotti nei quali l'immobile era stato frazionato. A Sigismondo restò assegnata una porzione del primo e secondo piano (quello nobile), computandosi i livelli dalla Piazza ora del Teatro; a Guidobaldo la residua porzione dei medesimi piani; a Gualtiero parte del 3° e 4° piano ed a Riccardo le restanti agli stessi piani. A ciascuno, inrine, toccò parte dei locali costituenti il piano I o sotterraneo e del piano II a mare. Della imponenza catastale del complesso immobiliare il rogito Zucconi è chiara testimonianza: i vani del palazzo erano ben I 12 quelli ai quali si accedeva dai civici numeri 8 e 9 di Piazza del Teatro ed altri 46 quelli ai quali si accedeva dalla retrostante via della Fonte 2. mentre il solo piano nobile era composto da venticinque fra saloni e camere da letto. A palazzo muoiono Riccardo nel 1910, Gualtiero nel 1911 e Sigismondo nel 1913: quest'ultimo istituì suo erede universale il fratello Guidobaldo che pertanto acquisì la piena proprietà dell'intero piano nobile. Agostino, figlio di Gualtiero, fu il primo a vendere la sua porzione del palazzo all'ing, Francesco Gagliardi ed altri con rogito Cesare Ro- gnoni 10.03.1914 (23). Carlo, il primogenito di Riccardo, cedette invece con rogito Domenico Pompei 07.04.1938 (24) ai suoi fratelli Giuseppe, Luigi ed Alberto i propri diritti sulla porzione già assegnata al defunto genitore. Morto Guidobaldo, che aveva acquisito la proprietà dell'intero piano nobile accrescendo alla propria la porzione ereditata dal fratello Sigismondo, i suoi figli Francesco, Cecilia, Adelaide e Vittorio vendettero il piano al commerciante Angelo Ascoli con rogito Angelo Massi 17.05.1938 (25). Giuseppe, Luigi ed Alberto, figli di Riccardo e cessionari anche di Carlo loro fratello, alienarono infine la loro proprietà al commerciante Adolfo Trevi con rogito Domenico Pompei 28.09.1941 (26). Per due secoli esatti il palazzo è dunque appartenuto alla casa Trionfi a testimonianza del suo antico splendore. Nel corso della seconda guerra mondiale l'edificio fu bombardato dall'aviazione alleata il mattino del 25.4.1944 alle ore 13 (27); crollò l'angolo orientato verso la chiesa del Santissimo Sacramento lasciando a cielo aperto atrio e scalone. Ne sarebbe stato forse possibile il recupero, ma qualche mese più tardi - liberata la città - il Comando Alleato per rendere più agevole l'accesso dei mezzi cingolati alla banchina portuale ne ordinò il complelo abbattimento.
NOTE:
(1) A.P. SPSF. stato delle anime anno 1715. Il toponimo va individuato nell' attuale via dello Stelluto (V. Pirani Ancona dentro le mura. Ancona 1979 pag. 76).
(2) ASAn, notarile Ancona voi. 1500. Il palazzo Cresci Antiqui e tuttora esistente, contrassegnato dal cìvico n. 8 della attuale via della Loggia.
(3) Ibidem vol. 2303.
(4) I Vincenti, pressoché omonimi dei Vincenzi lamiglia patrizia e quindi comilale anconetana. si erano trasferiti da Bergamo ad Ancona circa la metà del secolo XVII appunto con Giovanni Antonio, che secondo C. Albcrtini Indice delle, famiglie aggregate dopo l'anno 1532 (BCAn. manoscritto 246) sarebbe slato ascritto al ceto nobile il 1.10.1694, come leggevasi nel"… libro dei decreti e delle risoluzioni fatte dall'lll.nio Sig. Alessandro Sforza..." previo esborso di scudi mille. Questo volume di atti dello Sforza [che fu Governatore prelato della città di Ancona per il solo anno 1693-1694) non risulta inventariato in alcun archivio: certo e invece che il volume della serie degli atti consiliari relativo a quel periodo non menziona lcuna aggregazione della casa Vincenti. Si ignora pertanto se quanto afferma C. Albertini corrisponda a dato storico, anche se negli alti notarili dell'epoca Giovanni Antonio Vincenti fu comunque qualificato patrizio della città di Ancona. Giovanni Antonio, che certamente proveniva da Bergamo come attestato in occasione del battesimo dell'ultima sua figlia Orsola Apollonia in data 8.1.1693 (A.P. SN. battesimi 1692-] 745), sposò Maria Giulia Berardi. figlia del notaio anconetano Lelio Berardi (che testò il giorno 11,3.1725 per ani del notaio Francesco Saverio Betti…ed impiantò una inizialmente fiorente casa mercantile; nella conduzione della quale si associò il primogenito Leiio Andrca. Altri suoi figli furono Domenico Antonio priore del Convento Agostiniano di San Giovanni Evangelista a Rimini. Piergirolamo canonico della chiesa anconetana, Giuseppe Silvestre prete filippino (+ 9.5,1767). Maria Vittoria suora. Chiara sposata (31.1.1 7 14) al conte Cesare Torriglioni e Margherita moglie (8.6.17131 di Diego di Federico Giovannelli, marito quest'ultimo di Maddalena Fava e padre di Anna Maria Giovannelli imitasi in matrimonio con Giuseppe Vincenti appartente questi invece alla famiglia Vincenti originaria di Ancona ed estintasi nella prima metà dell'Ottocento con Giuseppe, di Giambattista, del detto Giuseppe, i cui capitoli matrimoniali con'Anna Maria Giovannelli furono stipulati avanti il notaio Francesco Savirio Botti il 5.11.1725 (ibidem).
(5) Ibidem voi. 2535. L'appartamento inferiore del palazzo Vincenti (sia proprietà nel 1672 del conte Leonida Malalesta Ferretti) fu invece acquistato anch'esso all'asta dai cognati canonico Piergirolamo Vincenti e conte Cesare Torriglioni avanti il notaio Angelo Marinelli. che rogò l'aggiudicazione il 1 3.6.1740 (ibidem): all'incanto comparve Domenico Papi. fiduciario degli acquirenti, Piergirolamo Vincenti, figlio di Giovanni Antonio Vincenti e fratello di Lelio Andrca entrambi predefunti.morì l'11.9.1 745 dopo aver istituito crede la sorella Chiara con testamento segreto ricevuto dal notaio Luca Benedetto Baldi, aperto e pubblicato il12.9 successivo (ibidem voi. 1331). alla quale lasciò la comproprietà dell'apparlamento. Morta anche Chiara Vincenti Torriglioni. la proprietà dell'appartamento si consolidò nelle mani dei figli di quest'ultima Giovanni e Giuseppe Torriglioni (e. quest'ultimo defunto nelle mani del solo Giovanni). Francesco Trionfi non riuscì mai ad estromettere dalla comunione forzosa ne il Vincenti dapprima ne i Torriglioni in seguito, la cui unità immobiliare fu pertanto costretto ad inglobare nel corpo del palazzo: fu invece Luigi Trionfi figlio di Francesco, ad acquistare con rogito Giovanni Giuseppe Ricci 7.8.1793 (ibidem voi. 2660) la proprietà della detta porzione.
(6) Ibidem voi. 2300.
(7) Ibidem voi. 2299.
(8) Ibidem.
(9) M. Natalufci Ancona attraverso i secoli. Città di Castello 1960. voi. II pag. 294; V. Pirarn // discorso architettonico in Ancona fra i secoli XVH e XIX. Ostra Velcri- 984 pagg. 95 e 148^ F. Ghedini // Palazzo Trionfi. Ancona 1952 pag. 9; P. Giangiacomi Guida spirituale di Ancona, Anc'ona 1933.
(10) La circostanza risulta dal rogito Angelo Bonvini 30,10.1706 (ASAn, ACAn. otai di Ancona voi. 613).
(11) ibidem, vol.2532
(12) ibidem, vol.2532
(13) ASAn, notarile Ancona voi. 2297. ASAn. ACAn, notai di Ancona voi. 600.
(14) Nicolò Daretti, padre di Lorenzo (v. tavola XX). era nato a Padova nell'anno 692da Ernesto Daretti trasferitesi ad Ancona sin dalla prima età, qui sposò il 4 agosto 1717 nella chiesa di San Giacomo (A.P. SCSM. matrimoni I 699-1797 ) Rosa Scarani nativa di Bologna. Della provenienza e delle generalità degli sposi da attestazione il parroco celebrante, che annotò minuziosamente di aver effettuato la "... interrogationem Magnifici Nicolaus Da Ret… Dal matrimonio nacquero Anna,Pietro Antonio nel 1722 e Lorenzo Giovanni il 15.1.1724 battezzato il 19 gennaio successivo nella parrocchia di Sant'Egidio in San Domenico (A.P. SESD, battesimi 1716-1758). nella cui circoscrizione il padre Nicolo si era nel frattempo trasferito: con gli sposi abitava anche Maddalena Scarani. Sorella di Rosa moglie di Niccolo (ibidem, slati delle anime, anni 1724-1725 e 1726). Nei censimenti degli anni successivi i Daretti, trasferitisi nella circoscrizione della contigua parrocchia di San Giacomo, non figurano più Ira le anime amministrate da quella di Sant'Egidio in San Domenico: Nicolo Da Ret, il cui cognome gradualmente si era trasformalo in Darete poi Dareti infine Daretti, morì il 14-5-1773 (A.P. SCSM, defunti 1741 - 1792) all'età di 81 anni. Nell'anno 1753 Lorenzo, che aveva sposato circa il 1749 presumibilmente a Bologna Marianna Berettoni, colà nata nel 1731, abitava nuovamente nella Via Farina, circoscrizione della parrocchia di Sant'Egidio in San Domenico, assieme ai figli Ernesto nato nel 1750 e Maria nata il 21.9.1752 (A.P. SESD. stato delle anime anno 1753; ibidem battesimi 1716-1758). Qui nacquero Ulisse il 25.9.1754 e Scipione il 13,11,1756: altri figli furono Luigi nato nel 1766, Innocenzo nato il I0. 11-1770, Agostino nato nel 1775 ed infine Nicola nato il 10.9.1779, battezzati invece nella parrocchia di San Filippo Neri, nella cui circoscrizione Lorenzo si era trasferito. Nei primi anni Ottanta Lorenzo Daretti. da tempo insignito della carica di Primo Architetto civile e militare della Rev.da Camera Apostolica ad Ancona, tornò ad abitare in cura della parrocchia di Sant'Egidio in San Domenico da allora alloggiando "... nel casamento di San Domenico, piano primo in cima..." (A.P. SESD, stati delle anime 1785 e segg-)- dove morì in tardissima età il 22.9.1809 (ìbidem, defunti 1781-1830). Gli erano premorti il figlio Scipione, anch'egli valente architetto laureatosi a Bologna e ricevuto per i suoi meriti nella Accademia Clementina, il 22.6.1792 di appena 36 anni (ibidem), Luigi il 4.7.1798 (ibidem) ed Agostino il 3.8.1808 (ibidem). Marianna, vedova di Lorenzo, morì invece il 1.5.1811 (ibidem), degli altri figli Ulisse. quartiermastro a riposo, mori in tardissima età. Maria - nubile - il 3.6.1834, Nicola cassiere dell'esattore dipartimentale ed architetto il 1.3.1846 ed Innocenze delegato dell'Intendenza alle Regie Fabbriche, l'unico ad essersi sposato in tarda età con Rosa Orfei della quale restò vedovo l'il.3-1839, il 28.2.1850 all'età di 80 anni. con lui estinguendosi la linea di Lorenzo (ibidem. 1781-1830 e 1830-1884). Pietro Antonio, fratello maggiore di Lorenzo e figlio anch'egli di Nicolo seniore, nato ad Ancona nel 1722 aveva invece sposato il 22 aprile 1750 nella chiesa di San Nicola Maria Francesca Pierantoni (A.P. SN, matrimoni 1721-1812), dalla quale ebbe - fra gli altri - Carolina, monaca poi restituita allo stato laicale nata il 16.7.1763 e Niccolo nato il 5.4.1769 (A.P. SGSM. battesimi 1759-1785): morì in cura della parrocchia di San Giacomo, ove sempre abitò in contrada del Gallo civico numero 2 una casa a tré piani di sua proprietà, il 29.3.1798 (ibidem, defunti 1794-1836). Niccolo suo figlio fu "gioielliere capo" sposò il 3 giugno 1798 nella chiesa di San Domenico (A.P. SESD matrimoni 1716-1792) Teresa Aureli, sorella maggiore del notaio Ciriaco Aureli, entrambi figli di Pietro Aureli, e morì l'8.6.1833 (ibidem). Ebbe numerosa prole fra cui Sergio, nato il 9.9.1814 (A.P. SM, battesimi 1801-1829) notaio rogante a Montemarciano e quindi ad Ancona, ove morì FI 1.2.1893, e Luigi nato il 14.2.1820 (A.P. SCSM, battesimi Ì815-1827) patriota, dal 1859 Ingegnere capo del Municipio di Ancona e defunto nel 1898. Sergio sposò Virginia Jacomini, dalla quale ebbe Innocenzo (1853-1909) anch'egli notaio, marito di Ginevra Ninchi e padre di Maria, Olga. Gino, Pia, Laura, Sergio e Gualtiero dal quale ultimo nacque Renato. Luigi invece sposò Teresa Fabiani e fu padre di Vittoria nata nel 1859.
(15) Cosi V. Pirani up. cit. Giambattista Urbini nacque ad Ancona il 19.1 1691 (A.P. SCSM. battesimi 1646-1695) dai coniugi Francesco (di AntonioUrbini e Giovanna Elisabella (di Giacomo) Foschi, sposatisi il 23 luglio del 1680 nella chiesa di San Nicola (A.P. SN. matrimoni 1652-1 721'). Fu a lungo canonico di Santa Maria della Piazza e testò il 9.7-1761 per gli atti del notaio Giovanni Giuseppe Ricci istituendo eredi la cognata Maria Giovanna Antonelli. vedova di suo fratello Antonio Urbini. e la nipote Elisabetta Urbini sposata a Marco Bernardi. Morì ad Ancona il giorno successivo 10.7.1761 (A.P. SPSF. defunti 1755-1786).
(16) I lavori di costruzione della chiesa di San Biagio commissionati dalla confraternita omonima, detta anche del Suffragio, erano già in corso nell'anno 1742 come risulta dalla delibera 29.1 2.1 742 del Pubblico e Generale Consiglio (ASAn. ACAn. atti consiliari 1742-1747 voi. 106) con la quale la Municipalità autorizzò l'occupazione di un tratto di suolo pubblico interessalo dalla riedificazione. Vi si legge infatti che "... avendo supplicato questo lll.mo Consiglio la Ven.ie Confraternita del Suffragio, o sia di San Biagio di questa città, che per tirare la muraglia laterale dalla parie della strada delle Conce a della linea è necessario l'aumento di una testa, che però volendosi da questo TU.mo Consiglio per quanto sia possibile concorrere alla miglior proprietà della chiesa che i S. Confrati xtanno rifacendo, con il presente decreto sentitesi le Consulte si ordina e stabilisce che li suddetti Deputali alle Strade... gliene faccìno la concessione...".
(17) Il palazzo confinava con ìa cinta difensiva a mare della città mediante alcuni locali adibiti a magazzino, ubicati per l'esattezza ".... nella strada denominata sottomare impetto al muro della città che fa recinto al Porto...- fra le due portelle di mare chiamate una del Toriglioni e l'altra del Palunci...". Nel 1756 Francesco Trionfi chiese ed ottenne "..... la permissione di poter estendere la suddetta sua fabbrica fino sopra il muro sunnominato della città che fa da recinto al Porto per ivi ancora superiormente innalzare la d-a. fabbrica... e così distendere la comodità propria sull'esempio di quanto è stalo praticato ed accordato ad altri nominatamente alle ca-sc delli Sigg.ri Co. Dandini, March. Manciforte. Co- Camerata e Co. Toriglioni,..". La licenza fu concessa con il rogito Giuseppe Mongai 8.5.1756 [ASAn,notairile, Ancona voi. 2557).
(18) Nulla è mai sin qui constatato del Simonettii ,…,che non che nacque e visse ininterrotamente ad Ancona nel secolo XV1I1. salvo un breve giovanile soggiorno a Roma ove fu allievo di Francesco Trevisani (1656-1746). applicandosi agli affreschi della chiesa dfì Suffragio. Cosi C- Ferretti Memone storielle critiche di pittori anconetani. Ancona 1888 pagg. 64-67: C. Feroso Guida di Ancona. Ancona 1884 pagg.64-67... tutti concordi peraltro nella attribuzione al Simonetti oltre che delle decorazioni del palazzo Trionfi, anche di grandi oli su tela tuttora conservati nella Chiesa Cattedrale, dì San Domenico e di San Biagio ad Ancona. Le ricerche effettuate in) occasione di questo studio hanno però consentito attraverso inoppugnabili dati anagrafìci, di delineare del Simonetti una pressoché esauriente biografia. Nacque dunque Domenico Simonetti da Nicola Simonetti - sua volta figlio di altro Domenico Simonetti (di Antonio e Lucia) "faher murarius" anconetano che aveva sposato Lucilia Massi (di Cesare) nativa di Falconara con contratto nuziale rogato dal notaio Giovanni Battista Cornacchini il 2.10.1625 |ASAn. notarile Ancona voi. I ti43: 200 scudi fu la dote) - i] 14,7-1685 se quando morì aveva 69 anni 3 mesi e 20 giorni (secondo quanto attestato dal parroco di San Marco il 24.3.1754: A.P. SM, defunti 1688-1768) e nacque ad Ancona nella circoscrizione della parrocchia dei Santi Pellegrino e Teresa in San Filippo, come attestato in occasione delle sue nozze dal parroco di San Nicola il 26.2.1713 (A.P. SN. matrimoni 1652-1721). Ebbe due sorelle: Giacoma che morì il 2.6.1759 all'età di 73 anni (A.P. SM. defunti 1688-1768) e Maria che sposò il notaio Domenico Draghi (+ 15.4.1745 all'età di 55 anni: ibidem) senza averne figli e morì il 4.7.1766 (ibidem|. dopo aver disposto delle sue sostanze con testamento consegnato il 17.2.1765 al notaio Francesco Silvestrini e dissigillalo in data 4.7.1766 (ASAn. notarile Ancona voli. 2714 e 2715). istituendo erede il benefìcio parrocchiale di San Marco in persona del parroco Girolamo Speziale legando modeste somme ai nipoti, figli del fratello. Domenico, conosciuto anche con l'appellattivo di Magatta (se ne ignora l'etimologia: in parrocchia di San Nicola viveva comunque all'epoca tal Stefano Ma gatta da Bugiallo Diocesi di Como, facchino) sposò il 26 febbraio 1713 neila chiesa di San Nicola Maria Barbara Appiani (A.P- SN, matrimoni 1652-1721". nata il 10.3.1686 (A.P. SMP. battesimi 1660-17051 da Giacomo Appiani, "barbiere" e rinomato "pelucchìere". cioè parruccaio, e da Catarina Papiri sua moglie, dai quali nacque anche - ultimo di ben dodici figli - il 29.1.1 701 | A.P. SESD. battesimi 1679-1716. anche se prima facie l'anno potrebbe essere equivocato in i 704) Francesco Appiani, in gioventù allievo dei più anziano cognato Simonetti ma destinalo a ben maggiore notorietà, affermandosi come il più valente pitture del Settecento perugino, ed a Perugia morto il 2.3-1792. Domenico Simonetti sposò dunque Barbara Appiani: ma ''ingoiare fu la vicenda. Annotò infatti il diligente parroco di San Nicola sotto la data 26.2.1713 … che in realtà il matrimonio era stato celebrato sin dal 30 luglio dei precedente anno 1712 ma senza pubblicazioni, nel corso di una messa ordinaria e senza che ne fosse avvertito il celebrante, il quale riferì al Vicario "... quando dissi orate fratres questo fu fatto senza alcuna notizia che detta santa messa dovesse servire al suddetto matrimonio...". Il Vicario Episcopale Mons. Durini rilasciò licenza a sanatoria previe le rituali pubblicazioni e la benedizione solenne, impartita agli sposi per l'appunto nella messa matrimoniale del 28 febbraio 1713. Domenico Simonetti e Barbara Appiani, che abitarono dapprima nella circoscrizione della parrocchia di San Giacomo e quindi in quella di San Marco, ebbero come figli Pietro nato il 19.7.1 71 7 |A.P. SCSM. battesimi 1695-1737|. Francesco Pasquale nato il 17.10.1718. Sebastiano Tommaso nato il 24.1.1720 e morto il 6.3 successivo. Giovanni Antonio Settimio nato il 1.12.1722. Pellegrino Giacomo Giulio nato il 8.5,1721 e Maria Francesca nata Fiì. 1.1728 (A.P. SM. battesimi 1688-1 768; defunti 1688-170,8). Nel rione di San Marco Domenico Sinonetti detto il Magatta morì il giorno 24.3.1754 e fu sepolto nella chiesa di San Biagio il cui altar maggiore era ed è tuttora decorato dal grande quadro raffigurante le anime deli Purgatorio, considerato il suo capolavoro (in detta chiesa, in virtù del Motu Proprio di Giovanni Paolo II, ECCLESIA DEI, viene celebrata regolarmente la Santa Messa in latino, l'unica regolarmente autorizzata nella Regione Marche, nel rito tridentino, o di San Pio V, ogni Sabato e giorno prefestivo alle ore 17 con grande concorso di fedeli provenienti anche dai centri limitrofi. NDR) Dei figli del Magatta, Pietro sposò forse Rosa Bevilacqua dalla quale nacque altro Francesco, a quel che risulta dall'esame delle anagrafi parrocchiali, mentre certamente Francesco secondogenito del Magatta sposò -trasferendosi nella circoscrizione della contigua parrocchia di San Giacomo - Maria Rosa Cappelletti parrocchiana dì San Marco il 1 settembre 1744 (ibidem, matrimoni 1742-1745). dalla quale ebbe - fra gli altri - Giovanni Vincenzo nato il 16.4.1747 (A.P. SGSM, battesimi 1737-Ì759). Giovanni Vincenzo sposò a sua volta il 7.10-1772 (A.P, SPSF, matrimoni i 743-17731 Francesca Maria Rinatdi e fu padre di alcuni figli fra i quali (Giuseppe) Luigi nato il 8.3.177 4 e Mariano Giuseppe il 28.8.1 777 (…) relativo alla morte di quest'ultimo, seguita il 2.9.1779 … Vincenzo il padre è identificato come "Vincenzo Simonettii detto Magatta..," così come nel certificato relativo al battesimo di (Giuseppeì Pellegrino altro suo tìglio nato il 30.4.1780 (ibidem, battesimi 1 772-18(131 ed ancora nel certificato della morte di esso Vincenzo ove il 12.1.1800 si attesta che "... morì Vincenzo Magatta ossia Simonetti..." Ancora nel 1814 Luigi, fìglio di Vincenzo era detto "Magatta" come risulta dalla fede relativa alla morte di suo figlio: "Innocenze figlio di Luigi Simonetti detto Magalla morì di giorni 6 il 12.1.1814,.." (ibidem). Si ignorano le ulteriori vicende.
(19) L'inventario costituisce il c.d, protocollo Trionfi (ASAn. notarile Ancona vol. 2651).
(20) Gioccahino Varlè, nato a Roma da Giovanni Battista Varlè nel 1731. attorno agli anni cinquanìa del secolo era già attivo ad Ancona, ove il 3 gennaio 1759 sposò nella chiesa di San Nicola Marianna Stramazzi (A.F. ^-\. matrimoni 1721-1ÌÌ12) che morì ili 24.3.1793 ibidem, defunti 1766-1797" Gioacchino Varlè - che ad Ancona lavorò indefessamente (sue ad esempio sono le statue che adornano la chiesa di San Domenico e la Loggia dei Mercanti- … morì il 23-6.1806 . Nel 1713 pertanto, lo scultore aveva appena dodici anni. Ebbe tré figli maschi Giovanni. Bartolomeo ed Alessandro, sacerdoti i primi due e laico il terzo, farmacista nato i! 26. i 1.1 772 marito di Desideri Teresa e padre di Luigi nato il 9.9.1805 e Gioacchino naie il 26.10.1808 (censimento napoleonico, stati d'anime delle parrocchie di Santa Maria della Piazza e Sanl'Egidio..)
(21) M.B. Manguorit Defense d'Anocne e des Dipartiments Romains, Le Tronto, le Musone et le Matauro, par le General Monnier aux annes VII e VIII. Parigi 1802 vol.1 pag.35
(27) C. Caglini Bombardamenti su Ancona e Provincia, Ancona, 1983, pag.70.
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