Con la pubblicazione dell'inventario relativo della nobile famiglia Azzolino e con la realizzazione a mostra che offre le testimonianze documentarie dei su illustri personaggi, si apre ufficialmente al pubblico la consultazione di questo fondo archivistico, donato nel 1985 dalla Marchesa Metella Pianetti alla Biblioteca comunale di Jesi. Alla consistenza quantitativa dei documenti contenuti nelle 274 buste, così come appaiono a riordinamento avvenuto, si abbina una rilevanza qualitativa dovuta principali alle cariche pubbliche ed ai rapporti tenuti dai membri di questa nobile famiglia, che affonda le proprie radici a Fermo e nel fermano, per poi rapidamente oltrepassare i confini delle le Marche e giungere a posti chiave all'interno della Curia pontifìcia, osservatorio privilegiato per la storia ecclesiastica politica e sociale dell'intera Europa. La sensibilità e l'attenzione culturale sono una costante che contraddistingue i principali discendenti della famiglia Azzolino: ai titoli ed ai diplomi dottorali conseguiti, si accompagna un vero interesse per la lettura che li spinge a reperire testi di vario genere per incrementare una libreria di famiglia che doveva aver raggiunto una certa consistenza se nel Palazzo di Fermo occupava un'intera sala a fianco dei locali desstinati all'archivio; una libreria "universale", promessa alla città di Fermo per l'utilità pubblica, le cui tracce purtroppo si fanno sempre più evanescenti; di fatto, quando nel 18559, tramite matrimonio, i Pianetti si imparentano con gli Azzolino, viene ereditato il solo fondo archivistico. Di questi documenti, una sezione di particolare rilievo, contenente materiali archivistici preziosi relativi alla regina Cristina, è stata acquista dalla Svezia nel 1925 ed è ora Conservata nell'Archivio di Stato di Stoccolma. Per completezza di documentazione e di utilità di informazione, si è inteso pubblicare l'inventario dei documenti posseduti dal nostro Istituto, sia quello relativo ai materiali conservati in Svezia, essendo ambedue parte concettualmente inscindibile dell'archivio della famiglia Azzolino. I contributi dati dall'Archivio di Stato di Stoccolma seguiti da quelli offerti dalla Biblioteca comunale di Fermo, sottolineano l'esigenza di tali strumenti di studio e ricerca. Grazie all'ultima discendente, la Marchesa Metella Pianetti, che con intelligente sensibilità ha risposto positivamente alle attese del prof. Pierpaoli, allora direttore dell'Istituto, e a quelle della città intera, questo prezioso fondo archivistico, riordinato con serietà e costanza dalla dott.ssa Conversazioni, viene ora restituito ad una piena fruizione e valorizzazione; a corredo della mostra, un audiovisivo, curato con perizia dallo studio Camera Work, delinea i tratti e le vicende di questa illustre famiglia.
L'ARCHIVIO E LA FAMIGLIA AZZOLINO
della Dott.ssa Enrica Conversazioni
L'Archivio privato Azzolino è stato donato nel 1985 dalla Marchesa Metella Franceschi Pianetti al Comune di Jesi e depositato presso la Biblioteca-Archivi Storici Comunali. Il munifico gesto può considerarsi il coronamento di una storica generosità dimostrata dai marchesi Pianetti nei confronti della città di Jesi. Infatti già dall'inizio del XVIII sec. Cardolo Maria Pianetti, ubbidendo alla volontà testamentaria dello zio mons. Giuseppe che aveva collezionato una ricchissima biblioteca, dispose che essa fosse aperta al pubblico. Nel 1906 la medesima fu donata al Comune di Jesi dove andò a costituire, con i suoi 15.000 preziosi volumi, il nucleo fondamentale dell'attuale Biblioteca Comunale. Nel 1976 la Marchesa Metella donò al Comune il ricco archivio della famiglia Pianetti ed infine, appunto nel 1985, l'Archivio Azzolino di proprietà dei Pianetti poiché nel 1859 Vincenzo Pianetti sposò Virginia Azzolino che, quale ultima discendente del ramo primogenito dell'antica e nobile famiglia Azzolino di Fermo, portò in dote anche il ricco archivio di famiglia. Di antichissima origine la famiglia Azzolino svolse un ruolo di grande interesse nella storia ecclesiastica, politica, sociale ed economica, già a partire dal sec. XI, come è ampiamente dimostrato nell'archivio che abbonda di copie autentiche di antichi documenti provanti la nobiltà e le importanti cariche ricoperte dai vari mèmbri della famiglia sin dall'antichità. A partire dal -XVI secolo comincia la documentazione in originale riguardante i vari mèmbri della famiglia. Pompeo (1495 - 1551), figlio di Pierleone, fu governatore tore. Della sua attività ci restano vari repertori giuridici e il manoscritto della sua opera di agronomia: "De terminis sive agrorum finibus", che dovette probabilmente avere una certa risonanza all'epoca, dal momento che nel 1586 il duca Carlo Emanuele di Savoia e il re di Francia concessero al tipografo veronese Sertorio Monti l'esclusiva per la pubblicazione dell'opera. Il figlio Decio, vissuto solo 37 anni, è uno dei componenti più importanti della famiglia A. Il cardinale Felice Peretti, vescovo di Montalto, che era stato in rapporti di amicizia con il padre di Decio, scelse questi come suo segretario particolare e ne apprezzò a tal punto la fedeltà e la capacità di lavoro che quando, nel 1585, fu eletto papa con il nome di Sisto V lo volle al posto di "segretario intimo", cioè di suo più vicino collaboratore- Subito Sisto V concesse all'A. vari benefici e il 18 dicembre 1585 lo nominò cardinale del titolo di San Matteo in Merulana. Anche dopo aver ricevuto la porpora, l'Azzolino rimase al fianco del pontefice assumendo interamente la direzione degli affari di stato. Nell'Archivio Azzolino c'è una grossa serie di lettere e suppliche indirizzate a Sisto V e al suo segretario, provenienti da ogni parte d'Europa; serie preziosa per la ricostruzione storica dell'età sistina. Giò. Vincenzo (... -1588), fratello di Decio, fu podestà di San Severino, governatore di Camerino, luogotenente del prefetto di Norcia e quindi giudice ordinario nelle cause criminali, fu anche al servizio degli Orsini di Firenze. Belisario (... -1608), fratello dei precedenti, fu podestà di Cingoli, Sarnano, Montelupone, inoltre ricoprì la carica di depositario della Camera del Tribunale dei Malefici di Fermo, carica che fu poi ricoperta dal figlio Pompeo. Lorenzo (1583-1632), figlio di Belisario, fu arcidiacono della chiesa metropolitana di Fermo, vicario generale della diocesi, e nel 1620 ottenne dal papa Paolo V il vescovato di Ripatransone. Nel 1624 papa Urbano Vili lo chiamò a Roma affidandogli importanti incarichi all'interno della Curia pontificia e lo volle tra i suoi più vicini collaboratori. Anche di questo personaggio ci rimane un ricco carteggio prezioso per la ricostruzione delle vicende della diocesi di Fermo, di Ripatransone e di Narni nella cui sede vescovile fu trasferito pochi mesi prima di morire. Il nipote di Lorenzo, Decio Azzolino (1623-1689), dopo essersi addottorato all' università di Fermo nel 1641 fu chiamato a Roma dal cardinale Barberini che, per l'amicizia che lo aveva legato allo zio Lorenzo, prese a proteggere il giovane e nel 1643 lo inviò in Spagna al seguito del nunzio Giacomo Panciroli. Creato cardinale da Urbano VIII, il Panciroli. alla morte del pontefice, affidò ad Azzolino l'ufficio di suo conclavista. Il nuovo papa Innocenzo X nominò il Panciroli titolare della segreteria di Stato, e quest'ultimo volle Decio tra i suoi più vicini collaboratori con l'incarico di segretario della Cifra. Successivamente Azzolino si distinse talmente per acume politico e finezza diplomatica che in Curia fu soprannominato "l'aquila". Fu investito di numerose cariche e il 2 marzo 1654 Innocenze X lo insignì della porpora con il titolo diaconale di S. Adriano. Il cardinale Azzolino svolse anche un ruolo fondamentale nella vita politica e religiosa della regina Cristina di Svezia, giunta a Roma nel 1655 dopo aver abdicato al trono in favore del cugino Cario Gustavo. La regina, che ai era convertita al cattolicesimo per opera di Alessandro VII, concepì subito un vivo interesse per il trentaduenne cardinale, non soltanto consumato politico, ma anche uomo brillante di raffinata cultura, protettore di artisti e letterati, poeta elegante e scrittore arguto, e soprattutto temperamento energico e posato, capace di portare nella vita inquieta della stravagante figlia del rè Gustavo Adolfo un elemento di ordine e stabilità. La loro amicizia fu consolidati dai gusti e dagli interessi comuni, dall'amore per le arti e le lettere, dall'inestinguibile curiosità che li induceva a farsi cultori appassionati di astrologia e di alchimia. Con il trascorrere del tempo, il palazzo Riario, residenza romana della regina, divenne un cenacolo di letterati e artisti, che costituirono il nucleo dell'Arcadia. Nel 1667 il cardinale Decio Azzolino ottenne la direzioni della Segreteria di Stato e negli anni successivi fu chiamati a far parte delle più importanti Sacre Congregazioni: Indice Inquisizione, Propaganda Fide, Consulta, Riti. Durante la permanenza a Roma del prete spagnolo Michele Molinos, scelto dalla regina Cristina di Svezia quale teologo, Azzolino ne seguì con interesse la predicazione e senza dubbio facilitò con il suo appoggio la diffusione della pratici contemplativa del quietismo". Del resto anche altri cardinali, tra cui Odescalchi, poi Innocenze XI, stimarono il Molinos e non ebbero per lungo tempo alcun sospetto delle conseguenze eretiche implicite nella pratica contemplativa. Allorché il Molinos fu arrestato nel 1685, Azzolino lo difese a lungo, cercando ripetutamente di evitare che comparisse innanzi all'Inquisizione. Quando anche il cardinale Pier Matteo Petrucci, vescovo di Jesi, venne processato nel 1687 come seguace del Molinos, proprio allo scopo di mitigare li condanna. Innocenzo XI ammise Azzolino nella speciale congregazione cardinalizia incaricata di indagare sul comportamento del prelato, ed effettivamente l'Azzolino si prodigò perche la ritrattazione alla quale il Petrucci fu condannato avvenisse nella forma a lui meno penosa. Il cardinale Decio morì nel giugno del 1689, neanche due mesi dopo la morte della regina Cristina che, nel suo testamento lo aveva nominato erede universale. II nipote ed erede del cardinale Azzolino, Pompeo (1654 - 1705), fu capitano delle guardie del corpo del viceré di Napoli e cavaliere d'onore della regina Cristina; il figlio di Pompeo, Decio (1704 - 1792) ricoprì a Fermo numerose cariche pubbliche, che produssero una ricca documentazione, preziosa per la ricostruzione della storia del Fermano nel sec. XVIII; come furono preziose per lo studio del sec. XIX, le documentazioni del figlio Pompeo (1724 - 1800), del nipote Giò Battista e del pronipote Pompeo (1805 - 1860). Quest'ultimo sposò Emilia Rinuccini di Firenze, dalla quale ebbe tré figli; Pietro, Lucrezia, e Virginia. Pietro non si sposò, per cui con lui si estinse il ramo primogenito della famiglia. Virginia, come si disse all'inizio, sposò Vincenzo Pianetti di Jesi ed ereditò l'archivio di famiglia. Purtroppo esso fu smembrato nel 1925, allorché 57 pacchi furono venduti alla Svezia, con il permesso del Ministrodegli intemi italiano autorizzato da Mussolini, per la somma di L. 300.000. Nello stesso anno i pacchi furono trasferiti nell'Archivio Nazionale di Stoccolma. La parte rimasta in Italia fu conservata alla villa Rinuccini di Empoli Vecchio, ma il seguito alla vendita della tenuta, l'archivio fu trasferito prima a Firenze, in casa Pianetti, e successivamente, il 9 luglio 1941, nella villa S. Ubaldo, a Monsano in provincia di Ancona, di proprietà dei Marchesi Pianetti.
VILLA S. UBALDO dei Marchesi Pianetti, coeredi degli Azzolino. ANTICHE VILLE DELLA PROVINCIA DI ANCONA 1985, Falconara (AN) Industrie Grafiche ERREBI S.r.L.
del Dott. Sergio Giustini
Lasciata poco prima di lesi la strada statale 76 e deviando verso Monsano il percorso della via principale è allineato per un lungo tratto ad un vialetto di cipressi che d'improvviso scopre la vista su una dimora imponente e leggiadra rappresentata dalla villa Pianetti. Indubbiamente essa è tra le più significative non solo della provincia ma della regione per l'eleganza della fabbrica ed il contorno paesaggistico. Si presenta in cotto secondo un impianto e linee architettoniche di stile veneto-adriatiche con una intonazione piacevolmente rustica. Pur non denotando quei caratteri di geometria costruttiva che spesso appaiono in queste dimore rivela indovinate forme di ricercatezza architettonica che le conferiscono armoniose proporzioni. Osservandola dalla parte a nord compare sulla destra, come continuazione del tetto/ una sopraelevazione a torretta che/ come le quattro garritte che esistevano ai lati del giardino posteriore/ richiama a momenti di vigilanza sulla proprietà/ ora più che mai necessari. Sull'altro lato un piccolo padiglione sporgente/ voluto forse per esigenze funzionali contribuisce ad alleggerire il corpo centrale e a equilibrare la cima del versante opposto. Le piccole finestre al piano terra sono dei rifacimenti ottocenteschi come pure il bei salone adibito a soggiorno, lungo l'asse nord-sud/ che in passato era l'atrio d'ingresso delle carrozze; tutto il resto è secondo la struttura primitiva. Ripetono motivi settecenteschi i graziosi fregi sopra le finestre del piano superiore. L'interno è di singolare raffinatezza con affreschi/ decorazioni e pitture di pregio, le volte e le suppellettili ornate di una fioritura brillante secondo una interpretazione assai riuscita del rococò. D'intorno si estende il complesso della fattoria e magazzini confermando la pretta natura residenziale della dimora secondo i modi toscani dalle cui terre proviene la famiglia. La stirpe è infatti originaria del perugino pur essendoci elementi che indicano una provenienza dall'urbinate ove, come risulta da fonti dell'archivio di famiglia, esercitavano l'attività di notai con il nome di Antaldi; certo è che i Pianetti nelle Marche possedevano altre residenze come ville o palazzi (il palazzo di Arcevia, quello di lesi e la villa a Castelleone di Suasa). Il nome di S. Ubaldo, patrono a Gubbio, proviene invece da sicura discendenza umbra come illustra doviziosamente l' iscrizione ritrovata nelle note dell'archivio e conservata all'interno della cappella che sorge nelle immediate vicinanze della villa; essa così recita: "La Cappella dedicata a S. Ubaldo dalla famiglia dei Baldassini esisteva dalla metà del '500 e sembra sia stata costruita da Gerolamo Baldassini; in un secondo tempo i Pianetti misero la prima pietra per le fondamenta del campanile il 5 aprile 1763. Il 6 ottobre 1763 furono benedette le campane attribuendo loro il nome di Maria Vittoria ed Antonia: erano i nomi delle figlie di Gerolamo Baldassini e la Maria Vittoria andò sposa ad Angelo Maria Pianetti e per questo matrimonio i beni Baldassini della contrada S. Ubaldo vennero ad appartenere ai Pianetti. Il 12 ottobre 1763 fu anche inaugurato il rifacimento pittorico all'interno della cappella. La dimora venne edificata nel 1699 su idea di un Pianetti, allora vescovo a Todi ed è rimasta sempre della prosapia. Durante l'ultimo conflitto anche questa villa fu teatro di occupazione, per vari anni, da parte delle truppe tedesche ed alleate: come in altri casi la attenta e paziente opera di ricostruzione dei proprietari hanno di nuovo reso al suo valore l'artistica casa. Ma è giunto il momento di soffermarci su queir elemento che rende superlativa la residenza e che è la vera anima della villa. Quattro silenziosi ed eleganti lecci tosati a pagliaio si contrappongono sulle due facciate e nella posteriore abbracciano al centro una splendida aiuola circolare; dal lato opposto si estende un curato giardino all'italiana con statue ed obelischi in pietra di fattura veneta che termina con una pregevole balaustra sotto la quale sono ospitate l'aranciera e la limoniera. A vista d'occhio oltre l'entrata secondaria si allunga uno stupendo prato all'inglese, come non mai attinente a questa denominazione, con in fondo un idilliaco laghetto naturale popolato da cigni; la presenza/ fino ad alcuni anni or sono, di bestiame libero al pascolo completa l'immagine di una tipica contea inglese. La distesa erbosa è sempre verde per la presenza di una continua irrigazione superficiale e mostra al suo limitare superiore un grosso tronco alto circa 6 metri ormai privo delle fronde che in autunno si riveste di colore vermiglio per la presenza di un rampicante che cresce vicino. Un tocco di grazia finale è dato dal conversare con la Marchesa Metella che così gentilmente volle ospitarci ed illustrarci la proprietà.
(Dopo la recente scomparsa della Marchesa Metella, la proprietà è andata ai nipoti che risiedono in Toscana NDR)
La Famiglia Azzolino è confluita anche, per via femminile, nella nobile progenie dei Nazzaro che hanno aggiunto il Cognome Azzolino,con DPR, e ne posseggono l'eredità nella Città di Fermo. Il Palazzo rinascimentale Azzolino, con uno dei più bei cortili della Città, è attualmente sede del Circolo Cittadino FIRMUM e conserva tuttora la bellezza dell'antica e nobile residenza. La Famiglia Nazzaro Azzolino risiede in uno dei Palazzi Azzolino, in corso Cavour, ed è proprietaria anche dell'ingente e storica Biblioteca di Famiglia. La residenza di campagna, vicino Porto San Giorgio, chiamata affettuosamente Villa degli Aranci, è stata recentemente venduta ed attualmente è destinata a ristorante e discoteca. Il Dott. Romano Nazzaro Azzolino, dirigente della Regione Marche, storico e giornalista di Fermo, ha sposato la Nob. Anna Maria Pace di Fermo avendo due figli : Francesca e Decio Alessandro. Ambedue sono attivi, in diversi settori giovanili, nel SOVRANO MILITARE ORDINE DI MALTA. NDR
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