Clemente Benedettucci, marchigiano di Montelupone, all'età di 27 anni, lasciata l'attività forense, si fece sacerdote, entrando nella Congregazione dei padri dell'Oratorio di Recanati. Uomo di singolari doti, in breve tempo divenne una personalità di rilievo del cattolicesimo locale e della Congregazione filippina, svolgendo vari incarichi di particolare responsabilità e delicatezza. Particolarmente legato all'ambiente recanatese, emerse anche nella vita pubblica cittadina, ripetutamente eletto consigliere comunale nel primo quindicennio di questo secolo e più volte presidente della locale Congregazione di carità (1). Gli studi lo indirizzarono verso questioni di cultura recanatese, tanto con lavori letterari, in particolare sul Leopardi, quanto storiografici con perspicuo interesse per l'antica chiesa di S. Giovanni in Pertica, per la devozione al beato Placido, per le vicende del santuario lauretano (2). Per tutto il lunghissimo arco di tempo della sua vita - nato nel 1850, morì nel 1949 - il Benedettucci fu instancabile raccoglitore di libri, organizzando nel tempo sempre più un iniziale collezionismo di rarità bibliografie e di fondi specializzati marchigiani, nelle sezioni riguardanti la storia della regione, di Loreto (Santa Casa, Diocesi, Santuario) e di Recanati. Accanto continuava a crescere una biblioteca generale umanistico - filosofìca e teologica. In essa confluivano una sempre crescente emeroteca comprendente periodici e quotidiani regionali e nazionali, peculiari raccolte di santini e stampe devozionali, manifesti, autografi, cartoline e lettere, non esclusa la ricca corrispondenza personale in arrivo e in partenza, testimoniata dal gran numero di originali e minute. Quella che ormai era una delle più grandi biblioteche di Recanati (3) poteva essere senza svantaggio paragonata alla famosa leopardiana presso la famiglia del poeta e addirittura un cospicuo donativo di volumi da parte dello stesso Benedettucci costituisce ancor oggi il nucleo della biblioteca del Centro nazionale di studi leopardiani. Dopo aver riscattato dal demanio statale la chiesa di San Filippo Neri in Corso Persiani e adiacenti immobili (4), il dotto padre filippino potenziava raccolte di manoscritti bibliografici e archivistici: tra i primi, di straordinaria importanza un notevole gruppo di scritti del canonico Giuseppe Antonio Vogel, già appartenuti alla famiglia Solari di Loreto, che ebbe ospite per un certo periodo l'erudito poligrafo (5). Morendo, Clemente Benedettucci lasciava dunque un " indiscusso capolavoro non scritto (6) nella biblioteca ove aveva profuso le sue migliori energie di competenza, assidua cura e amore di studioso, impiegandovi, altresì, parte del suo personale patrimonio. Da subito fu chiaro il problema che la gestione di tale ricchezza culturale poneva (7). Il testamento lasciato dal Benedettucci attribuiva l'intero suo patrimonio (immobili rustici e urbani) alla chiesa di San Filippo Neri e allo stesso ente toccava la biblioteca, situata nell'antico palazzo Melchiorri dimora del defunto. Mentre il compito di gestione e valorizzazione della biblioteca era posto in capo all'Ente chiesa San Filippo Neri, sempre per testamento ad esso venivano affiancate la Deputazione di Storia Patria per le Marche e l'Istituto Marchigiano di Scienze Lettere ed Arti per quanto concerneva la tutela e la sorveglianza del complesso, nonché la compilazione del catalogo generale. Mancava, infatti, quest'ultimo strumento di corredo, essendosi limitato Clemente Benedettucci a elenchi parziali e a singole schede preparatorie, inserite, talvolta, nei volumi stessi e nelle quali appariva persino l'originaria provenienza o l'acquisto, magari sul mercato antiquario. I due istituti culturali marchigiani, che nel momento attraversavano la comprensibile fase di crisi postbellica, non riuscivano ad assumersi il compito, cosicché subentrava dal capoluogo emiliano la già tanto gravata Soprintendenza bibliografica per Bologna, Romagna e Marche. II decennio tra il 1952 e il 1963 vide, bensì, degli interventi parziali di catalogazione e di controllo da parte della Soprintendenza statale, ma, in realtà, l'ente proprietario non ebbe mai in questo periodo le risorse economiche e di personale necessarie alla buona conduzione del così impegnativo complesso. Dal 1962 era iniziata una trattativa tra l'Ente San Filippo ed il Comune di Recanati per consentire, a mezzo di convenzione, un regime di gestione e uso della Biblioteca privata " Clemente Benedettucci " come settore particolare della biblioteca municipale (8). Non è questo il luogo per dilungarsi sulle vicende intercorse in prosieguo di tempo quanto alle modalità esecutive della convenzione, vicende che, peraltro, non sono state senza conseguenze, anche nei confronti del materiale manoscritto, librario e delle carte d'archivio, consistenze, queste, che venivano considerate piuttosto in secondo piano rispetto al patrimonio librario in senso stretto. Benché il Benedettucci avesse raccolto una grande quantità di carteggi provenienti da archivi privati locali e della regione, consistenti in documenti contabili o di amministrazione, memorie familiari e scritture delle più diverse istituzioni cultuali e religiose della città, provenienti da parrocchie, confraternite ed enti diversi (9), nella mancata precisa conoscenza di questa massa che, ad esami superficiali, poteva sembra-re soltanto una congerie collezionistica, (essendo, fra l'altro, priva di elenchi o inventari), non si era mai pervenuti - sia durante la vigenza della legge 22 dicembre 1939, n. 2006 sugli archivi, ne tanto meno delle normative precedenti, e neanche con il D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409 - alla dichiarazione di interesse storico suscettibile di portare conseguenze di vigilanza e di intervento. Frattanto, lavori di ristrutturazione architettonica nel Palazzo Melchiorri - Benedettucci obbligavano a una serie di trasferimenti nei quali, forse perché ritenute di minor pregio, la consistenza delle carte archivistiche ebbe la peggior sorte. Lo stesso accesso per consultazione di tali carteggi avvenne, prima ed allora, molto probabilmente, sempre in modo disordinato e senza rispetto di collocazioni o integrità. Come per settori ritenuti minori della biblioteca - collezioni di periodici, quotidiani o stampati vari, corrispondenza - anche per Ì manoscritti archivistici vi furono traslochi dalla sede originaria ed affrettati sgomberi in altri edifici di proprietà dell'Ente, con conseguenti incongrui accumuli in sacche che sovvertivano totalmente ogni pur minima traccia di ordinamento. A prescindere dalle naturali dispersioni e perdite (10), inevitabili in tale vicenda, la stessa confusione dovuta all'affastellamento con mezzi di fortuna, senza alcuna attenzione archivistica, significava sottrarre a qualsiasi fruizione l'intero insieme. Decidendo di risistemare razionalmente, nel quadro della complessa trattativa per l'utilizzazione pubblica dell'intera biblioteca, le carte giacenti, l'Ente chiesa San Fil'ppo Neri ha trovato in FIoriano Grimaldi, archivista della Santa Casa, incaricato diocesano per i beni culturali del vescovo di Macerata, il tecnico competente che si è assunto il gravoso compito non solo di una ricognizione dei manoscritti librari, ma anche di un primo intervento sul coacervo di carte archivistiche. Attendere un definitivo inventario e un'auspicabile, anche se non del tutto pacifica, ricostruzione dei fondi, significherebbe sottrarre ulteriormente, e per un periodo indefinito, alla fruizione dell'utenza un materiale di cui oggi si apprezza appieno l'importanza e la insostituibile funzione di fonte. E' per questo che si è ritenuto indispensabile pubblicare subito un primo sondaggio riguardante queste carte recanatesi: accanto alle schede dei manoscritti librari, è rispecchiata la fase di riscoperta dai contenitori di fortuna, nella successione essenziale, degli scritti archivistici, fase alla quale, naturalmente, dovrà seguire ulteriore impegno di lavoro e analisi.
ALESSANDRO MORDENTI (Direttore dell'Archivio di Stato di Ancona)
NOTE:
(1) Un profilo celebrativo si deve ad A. DOMINI, P. Clemente Benedefiucci, in "II Casanostra ", n. 55, 1968, pp. 67-74. La storiografia marchigiana è tuttora debi-trice di una biografìa critica del Benedettucci che avrebbe obbligato a non dimenticare la vicenda della sua biblioteca. A lungo subordinata alla fioritura di lavori di storia quantitativa e alle inerenti problematiche, la storia della cultura (idee e strutture) va riemergendo come insostituibile lettura della realtà marchigiana.
(2) Cfr., per esempio, C. BENEDETTUCCI, Vecchie pagine di bibliografia leopardiana, Recanati 1882 e 1938; Biblioteca recanatese. Recanati 1898; Scritti editi sconosciuti di G. Leopardi, Recanati 1898; Ricerche per quadri di Raffaello donali a Loreto, in "Atti e memorie della Deputazione di Storia Patria per le Marche ", 1930, fase. in, pp, 175-189; La chiesa di S. Giovanni in Pertica di Recanati e il sepolcro del beato che vi si venera. Recanati 1935, 2 voli. In realtà il secondo volume di quest'ultima opera {Appendice}, è la ristampa che utilizza Ì piombi di composizione originaria e, con ogni probabilità, una tiratura a suo tempo rimasta inedita, perché interrotta, della redazione a quattro mani con Mariano Bravi Pennesi delle prime tré parti (storia; documenti; scritti inediti, cataloghi e tavole) de II beato Placido di Recanati, del 1898, per i tipi della tipografia Simboli e Pupilli di Recanati.
(3) Biblioteche e istituii di cultura delle Marche, Ancona 1959, p. 98, da la seguente scheda; "Biblioteca 'Benedettucci (45.000 voli., 25 incun., alcuni voli. mss.). Appartenne al P, Clemente Benedettucci che la lasciò in eredità nel 1949 alla Convivenza Filippina (Chiesa di S. Filippo Neri). La Biblioteca è divìsa in cinque sezioni: lauretana, recanatese, leopardiana, marchigiana e di cultura generale- Le prime quattro sezioni sono notificate. Pure notificato è un manoscritto membr. del 1325 contenente gli statuti della Confraternita dei calzolai di Recanati"; G- MENGHINI, Fonti di storia locale nelle biblioteche di Recanati, in "Studi Maceratesi ", 1, 1965', Atti del Convegno sulle fonti documentane e bibliografiche per la storia della provincia di Macerata, pp, 138-139, da una consistenza di circa 30,000 volumi e accenna a " materiale archivistico di una certa importanza "; la pubblicazione, promossa dalla Regione Marche e dovuta a una equipe di ricercatori, Archivi storici biblioteche musei comunali delle Marche. Strumenti e risultati di un censimento. Anno 1981, Ancona 1982. così si esprime a p. 96: "Biblioteca "Padre Clemente Benedettucci ". Di proprietà della Curia Vescovile, la Biblioteca è stata però affidata in gestione al Comune per un periodo di 30 anni. Ha un carattere specializzato e si avvale di 40.000 testi teologici e religiosi in genere. Non è aperta al pubblico per consentire l'ultimazione dei cataloghi, ma a richiesta l'accesso diventa possibile ".
(4) C. FINI, Recanati. Memorie, Ancona 1'985, p. 377; " I religiosi di S. Filippo Neri. detti Filippini, venuti a Recanati nel 1656, ufficiarono questa chiesa e abitarono nella rettoria annessa, ove eia convivevano alcuni sacerdoti, iniziandovi il primo e provvisorio oratorio- Nel 1665 fu costruita la chiesa di S. Filippo Neri con il convento e qui trovarono la loro sede l'oratorio sempre più fiorente fino ai nostri giorni, la convivenza sacerdotale, che si spera venga ricostruita, la comunità dei padri Filippini, scomparsi del tutto nel 1949 con la morte del padre Clemente Benedettucci, storico, letterato e già avvocato, e la sua celebre biblioteca, che egli ha raccolto con tanto amore fino all'età di novantanove anni. Detta biblioteca Benedettucci ha 45.000 volumi, 25 incunaboli, stampe rare e uniche, preziosi manoscritti; è ordinata nelle sezioni: leopardiana, ora trasferita al Centro Studi Leopardiani, lauretana, recanatese, marchigiana, teologica e generica ".
(5) L'alsaziano G. A. Vogel, esule dalla Francia rivoluzionaria, si rifugiò nella Marca nel 1794 e vi rimase, dimorando prevalentemente tra Fermo, Recanati e Loreto. ove morì nel 1817. Dedicatesi agli studi storici, paleografico-diplomatistici, archivistici ed archeologici, che investivano avvenimenti e località di quasi tutto i[ territorio, ne divenne, come il suo interlocutore Giuseppe Colucci, il più autorevole e documentato conoscitore nei modi della storiografìa muratoriana. Impossibile qui soffermarsi sulla sterminata serie di manoscritti da lui lasciati: ad esempio della sua erudiziene e del suo senso critico basti citare l'opera De ecclesiis Recenasensi et Lauretana, earumque episcopis commentarius historicus, che apparve alle stampe postuma a Recanati, solo nel 1S59. Un biografo del passato, F. RAFFAELLI, Su la vita e sui scritti del canonico Giuseppe Antonio Vogel commentario storico ... , Recanati 1857, è tuttóra la fonte più completa di notizie sul Vogel e a lui si rifanno gli autori di stringati profili apparsi in recenti studi: F, GRIMALDI, L'archivio della Santa Casa di Loreto come fonte per la storia maceratese. in "Studi maceratesi", 1, cit., pp. 91-104, che da anche una prima descrizione di undici volumi di manoscritti vogeliani confluiti nell'archivio della Santa Casa dalla famiglia Solari di Loreto (cfr. anche F. GRIMALDI, Guida degli archivi lauretani, voi. i, Roma 1985, pp. 333-336); R. GARBUGLIA. L'epistolario di J. A. Vogel, in " Studi maceratesi ", 13, 1979, pp. 400-408 (in realtà lo studio esamina 169 lettere del V. a Filippo Solari e 24 a Cataldo Rinaldi); F. FOSCHI (a cura di), Breve dialogo sopra la storia della città di Recanati [di] G- Torres, Pieve Torma 1985, passim. Nel 1927 L, OLIGER, Kanonikus Joseph Anton Vogel, ein elsassischer Historiker im Kirchenstaat, in " Archiv fur Elsassischc Kirchcngeschichte ", il, pp. 31-348 rielaborò la biografia scritta dal Raffaelli. Una recensione in merito diede poco più tardi P. PASCHIM, II canonico Giuseppe Antonio Vogel alsaziano, in " Studia Picena ", ivi, 1931, pp. 135-138.
(6) Così A. Donini: cfr. nota 1,
(7) Cfr, " Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Marche ", serie vii, voi. v, 1950, p. xui e ibidem serie vii, voi. vii, 1952, p. xi.
(8) Uno schema di convenzione è pubblicato In "II Casa nostra ", n, 80, 1963, pp. 186-187.
(9) Oltre che di alcune gustose notazioni, quasi aneddotiche, sul personaggio, in A, DONINI, Padre Clemente in papalina, in "II Casanostra ", n. 79, 1962, pp. 20-24, veniamo a conoscenza di come il Benedettucci si preoccupasse di salvare assorbendole nella biblioteca, attraverso i contatti concessigli dalla sua posizione ecclesiastica, quelle vestigia archivistiche presenti in enti e strutture religiose in via di estinzione in difficoltà di gestione.
(10) Nella travagliata vicenda dell'attuazione a regime dell'apertura al pubblico e gestione della biblioteca si giunse, specie intorno al 1983, anche a vivaci polemiche recepite dai canali della stampa, che, oltre alle consistenze librarie, si riferivano alla integrità del complesso archivistico. E' opportuno segnalare che un gruppo di documenti in pergamena (unitamente allo statuto dei calzolai di cui alla nota 3) era stato trasferito in custodia presso l'Archivio della Curia Vescovile di Recanati, me si trova tuttora.
RECANATI - Memorie sacre nel 750° anno della erezione a Diocesi e costituzione a Città (1240-1990)
A proposito della CHIESA DI SAN FILIPPO, dove officiò P.Clemente Benedettucci, il Can.Prof. Cesare Fini, storico di Recanati, ha scritto nel Volume nelle pagine 377 - 378 - 379
S. FILIPPO
La Congregazione dell'Oratorio dei Padri Filippini in Recanati ebbe origine nel 1656 e in detto anno incominciarono questi Padri le loro funzioni nella chiesa di S. Lucia. Vicino alla chiesa fu provveduto ad una abitazione per i tre Filippini, che pòi aumentarono, costituendo l'Oratorio a Recanati. Urgeva una chiesa propria e nel 1663 iniziarono le trattative per la costruzione, senza allontanarsi dalle vicinanze della chiesa di S. Lucia, come luogo centrale della città. Fu portata a termine sulla fine del 1666, così in poco più di un decennio i Filippini di Recanati ebbero chiesa e abitazione propria. Per il concorso del popolo la chiesa era riuscita troppo angusta e insufficiente, così si stabilì di fabbrcare un'altra parte della medesima, prolungandola nel fondo col portare indietro la parete di fondo e avere altre due cappellenelle pareti laterali. I lavori si iniziarono il 6 agosto 1719 e nell'aprile 1722 si iniziò la demolizione del muro vecchio per unire i due fabbricati, formando così la nuova grande chiesa. Il disegno fu dell'architetto Remoto Broglio dì Treia. Il 26 marzo 1724, a lavori terminati, venne benedetta dal vescovo ottuagenario Lorenzo Gherardi e il primo ottobre fu solennemente consacrata. Nel 1774 si costruì la facciata delta chiesa su disegno dell'architetto Pietro Augustoni. Qualche anno fa è stata restaurata e le decorazioni in pietra sostituite da travertini di identica fattura. Anche t'interno della chiesa ebbe dei restauri, specie il presbiterio e l'altare maggiore con le nuove norme liturgiche.(Orrendamente brutto NDR) La comunità dei padri Filippini aveva il grande convento annesso a lato della chiesa e costituiva l'Oratorio con la convivenza sacerdotale. Ufficiava la chiesa con grande zelo, celebrando solenni feste annuali e varie devozioni. Una intensa opera di formazione e apostolato giovanile è stata la caratteristica dell'Oratorio. Nel 1810 anche questa Congregazione andò soggetta alla soppressione napoleonica con la dispersione dei religiosi e la chiusura. Restò aperta la chiesa ufficiata dal Padre Roberto Carradori, recanatese, il quale con la fine di Napoleone ottenne che la Congregazione venisse ricomposta. Provveduta di beni, ne ampliò la fabbrica e non risparmiò cure e denaro, divenendo novello fondatore. Quando l'istituto dei padri Filippini fioriva ricostruito dopo la bufera napoleonica e la chiesa era molto frequentata, un turbine ancora maggiore sopraggiunse, la seconda soppressione religiosa. Il 3 gennaio 1861 con decreto del regio Commissario generale per le Marche Lorenzo Valerio la comunità veniva dispersa. sciolta con la chiusura della casa religiosa. La chiesa d S. Filippo era aperta al culto e tale rimase con un padre Filippino a ufficiarla, abitando in un locale della casa come rettoria. Con la legge del 7 luglio 1866 la grande abitazione propria dei padri Filippini passò ufficialmente al demanio dello Stato, cedendola ai comuni e province per necessità, con l'obbligo della manutenzione. Ma fin dal 1862 il comune di Recanati si trovò nella necessità di trasferire gli uffici comunali, dato che il vecchio palazzo del 1446 era ormai pericolante e insufficiente. Occupò pertanto il convento dei Filippini, essendo posto al centro della città, tiro al 1898. In questo ex convento dei padri Filippini ebbe sede ('ufficio della Società Operaia di Mutuo Soccorso fin dall'anno di fondazione 1864 e vi era ancora verso la fine del 1900. Clemente Benedettucci (1850-1949), sacerdote filippino nel febbraio del 1877, dopo essere stato avvocato, nel 1921 riscattò dal demanio dello Stato la chiesa di S. Filippo e l'adiacente casa rettorìale. A lui si deve pure, per suggerimento del vescovo Aluigì Cossio, il riconoscimento della personalità giuridica della medesima chiesa, dotandola con una prebenda iniziale di alcuni ettari di terreno, e alla sua morte con l'intero patrimonio di rilevante consistenza immobiliare in fondi rustici e fabbricati urbani. P. Benedettucci costituì, intorno a sé, fa Convivenza di S. Filippo, famiglia di sacerdoti ospitata e provveduta per ofticiare la chiesa e aver cura della biblioteca, creatura dilettissima del suo cuore. Da grande storico e letterato insigne per oltre un cinquantennio, con assidua cura e infaticata lena, con passione di studioso e dispendio di forti somme, ha raccolto nelle sale del suo palazzo ben 30.000 volumi, manoscritti, incunaboli, opuscoli e pubblicazioni di ogni genere, costituendo la ricercatìssima e importantissima "Biblioteca Benedettucd", affidata al comune. La chiesa di S. Filippo, molto accogliente e bella, continua ad essere officiata e frequentata. L'ente morale "Convivenza di S. Filippo" ne è la proprietaria con l'attiguo palazzo, mentre i terreni sono stati alienati.
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